Nel nome della fraternità

Quando mancano confronti interni alle singole forze politiche vengono a mancare anche le capacità di dialogo e confronto con gli altri partiti e prevalgono interessi personali. Lo scontro diventa non più fra avversari, ma fra nemici. Se si cercano alleanze è per desiderio di potere dei singoli, che può favorire accordi molto pragmatici, ma non progetti a lungo respiro. Per questo, un richiamo alla fraternità come riferimento e scopo della politica è rivoluzionario, capace di superare personalismi gretti, ambiziosi desideri di potere

foto SIR/Marco Calvarese

Nella “Fratelli tutti” viene evidenziato il valore intrinseco della fraternità come costituente della Chiesa, vissuta con tutte le persone, non solo con gli appartenenti alla Chiesa stessa. È, infatti, un valore connesso con l’evangelizzazione. Se venisse meno, la Chiesa ne morirebbe e, come la Chiesa, tutte le organizzazioni, associazioni, ordini religiosi, diocesi e altro verrebbero meno. Il luogo della vita della Chiesa è il “secolo”, il mondo, la storia. La fraternità è il senso dell’incarnazione per la quale il Verbo si fa carne, fratello nostro, pane condiviso, dono totale di sé. La fraternità ci apre a tutte le persone di tutti i tempi.

La tensione fra egoismo e amore al prossimo è dentro ciascuno di noi; non c’è solo l’egoismo, come dicevano i classici dell’economia. Il peccato (privilegium sui, l’egoismo) divide, l’amore al prossimo porta comunione.  La fraternità è la via della salvezza dell’umanità. Non è semplicemente una conclusione morale, è un fatto essenziale umano, è evangelico, base dell’amicizia sociale, quella che rende più facile la coesione. La Fratelli tutti al § 176 dice: “…Può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?”. Dunque, oltre a richiedere la necessaria attività politica dei cristiani per affinità di contenuti, qui si afferma che la fraternità è vitale per le organizzazioni sociali, politiche, culturali. Se queste organizzazioni si chiudono in sé diventano luogo di sfide interne, personali, fra leader. Ne deriva un impoverimento di valori e di conseguenti argomentazioni, con l’isterilimento del dialogo e del confronto; vengono meno i valori condivisi su cui si era fondato un organismo. Ora sembra che solo la protesta sappia aggregare, senza però unificare in un progetto.

Un tempo potevano esserci posizioni divergenti dentro i partiti ma c’era sempre qualcosa che li teneva uniti, un valore di fondo, un costante lavorio. Anche fra avversari appartenenti a parti diverse c’era una ricerca condivisa del bene comune, una possibilità di dialogo. Quando mancano confronti interni alle singole forze politiche vengono a mancare anche le capacità di dialogo e confronto con gli altri partiti e prevalgono interessi personali. Lo scontro diventa non più fra avversari, ma fra nemici. Se si cercano alleanze è per desiderio di potere dei singoli, che può favorire accordi molto pragmatici, ma non progetti a lungo respiro. Per questo, un richiamo alla fraternità come riferimento e scopo della politica è rivoluzionario, capace di superare personalismi gretti, ambiziosi desideri di potere.

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