Lavorare per la vita. L’opera del Cottolengo a 180 dalla morte del suo fondatore

“Adoperarsi instancabilmente a servire la vita”. La missione della Piccola Casa della Divina Provvidenza, a 180 anni dalla morte del suo fondatore, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, non è cambiata ma, se possibile, si è ampliata. Oltre alle attività consuete e dopo la pandemia di Covid-19, adesso il Cottolengo accoglie anche i profughi dall’Ucraina. E la solennità del Santo, celebrata a Torino il 30 aprile scorso con il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, è stata l’occasione per un riesame di tutto ciò che l’opera del Cottolengo ha portato fino ad oggi.

“Adoperarsi instancabilmente a servire la vita”. La missione della Piccola Casa della Divina Provvidenza, a 180 anni dalla morte del suo fondatore, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, non è cambiata ma, se possibile, si è ampliata. Oltre alle attività consuete e dopo la pandemia di Covid-19, adesso il Cottolengo accoglie anche i profughi dall’Ucraina. E la solennità del Santo, celebrata a Torino il 30 aprile scorso con il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, è stata l’occasione per un riesame di tutto ciò che l’opera del Cottolengo ha portato fino ad oggi.

Il senso del lavoro svolto dalla Piccola Casa è stato sintetizzato proprio in occasione della visita di Parolin dal Padre generale don Carmine Arice, che ha spiegato: “Stiamo uscendo da anni difficili a causa della pandemia in cui l’impegno per custodire la vita di persone molto fragili ci ha visti impegnati sia nel servizio ai malati e agli ospiti, sia verso gli allievi delle nostre scuole. Memori degli insegnamenti del fondatore ciò che ha sorretto il nostro cammino in questo tempo è stata la certezza dell’amore di Dio padre buono e provvidente, la Sua vicinanza e il suo giungere a noi attraverso l’impegno generoso di coloro che si sono adoperati instancabilmente a servire la vita”.

Poi il presente che da qualche settimana ha nuovamente cambiato la vita di molti. “E in questo tempo segnato dalla tragedia della guerra – ha detto infatti padre Arice -, siamo anche contenti di avere con noi alcune persone con disabilità, profughi dell’Ucraina, che qui hanno trovato una casa e amici che desiderano alleviare, almeno un poco, la loro sofferenza”.

E vale la pena proprio partire dai profughi dell’Ucraina per capire meglio il senso del Cottolengo oggi. Dal 22 marzo scorso, infatti, a Torino sono stati accolti 13 profughi ucraini con disabilità fra gli 83 che la Croce rossa italiana ha fatto evacuare da Leopoli e accompagnato in Italia. In Piemonte, di questi sono arrivati in 21 presso il Centro operativo emergenze di Settimo Torinese che sono poi stati immediatamente trasferiti, grazie alla collaborazione della Protezione Civile, in strutture idonee del territorio, fra cui appunto il Cottolengo. Le 13 persone sono state subito ospitate in una delle Rsa del Cottolengo di Torino, la famiglia Ss. Innocenti (l’accoglienza è stata possibile anche grazie alla cooperativa “Crescere 1979” che ha fornito il personale necessario). Quasi contemporaneamente, sempre il Cottolengo, attraverso il Social Housing “CiVivo15” e in coordinamento con l’Ufficio per la Pastorale migranti della diocesi di Torino, si è messo a disposizione per accogliere le famiglie ucraine arrivate in Piemonte in attesa di una sistemazione stabile. Un altro tassello nell’aiuto all’Ucraina, infine, è arrivato dalla disponibilità delle Scuole Cottolengo in Italia per inserire bambini e ragazzi ucraini nelle proprie classi.

Ucraina, quindi, come ultimo “campo” d’attività del Cottolengo che nel frattempo continua a svolgere la sua missione di sempre declinata in almeno quattro aree diverse. Ad iniziare dalle opere socio-sanitarie e assistenziali con (stando agli ultimi dati consolidati disponibili, 2020) 25 strutture residenziali sparse per l’Italia che erogano diverse tipologie di servizi – socio-sanitari e assistenziali residenziali e semiresidenziali, servizi di accoglienza per persone con fragilità gravi -, con l’intervento di circa 2700 persone di cui circa 1250 volontari. In questo ambito, oltre alle case, Cottolengo opera anche con servizi rivolti alle situazioni di fragilità familiare (con pacchi viveri e accoglienza temporanea), e accoglienza notturna. Senza dire di tutto ciò che è stato fatto “nell’anno del Covid” con formazione specifica (oltre 7mila ore) e il massiccio uso e diffusione di tutti gli strumenti utili per la prevenzione del contagio. Accanto a tutto questo, la Piccola Casa della Divina Provvidenza ha continuato a gestire, a Torino, il proprio ospedale che, sempre nel 2020, ha effettuato quasi 4.800 ricoveri (la buona parte ordinari) per un totale di poco meno di 36mila giornate di degenza. Una struttura, quella dell’Ospedale Cottolengo, che è stata coinvolta in pieno sempre dall’emergenza Covid-19 alla quale ha dedicato personale e posti letto.

Ma Cottolengo significa oggi molto di più. A partire dalla “cura integrale della persone nella piccola casa”. Viene quindi spiegato che “accanto ai settori socio-assistenziale, sanitario ed educativo, è presente un ambito che si prende cura in modo specifico della dimensione spirituale della persona, aspetto che non può essere eluso se si intende promuovere il suo sviluppo integrale”. Ma come? La risposta sta nella complessa attività pastorale della Piccola Casa declinata su diversi fronti: dalle persone anziane e con disabilità ai giovani, dai medici e dal personale sanitario alle missioni, dal territorio alla stessa animazione liturgica. Senza dimenticare l’altro grande campo di attività cottolenghina che deriva dalle scuole: 11 sedi in 6 regioni italiane che accolgono circa un migliaio di allievi ogni anno.

Continua così quando avviato da San Giuseppe Benedetto Cottolengo il 17 gennaio 1827: il prendersi cura della persona promuovendo “la dignità di ciascuno nella sua originalità e diversità” oltre che la “sua dimensione umana e trascendente”.

Non per nulla, il Cardinale Parolin visitando l’ospedale ha commentato: “Avete tutto il sostegno della Chiesa, qui portate avanti un’opera evangelica: vedete Gesù nei poveri, ma allo stesso tempo i poveri vedono Gesù in voi”.

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