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Aree interne. Mons. Accrocca: “Ci impegniamo a essere sentinelle di questi territori e a fare rete, in una vera prospettiva di riscatto”

Nella due giorni, i presuli hanno iniziato anche a pensare a una pastorale ad hoc, mettendo a fuoco alcuni aspetti, come la valorizzazione dell’elemento laicale e della donna in una ministerialità sempre più accentuata e un maggior slancio al dialogo ecumenico e interreligioso.

“Come pastori delle diocesi in cui ricadono alcune aree più marginalizzate del Paese, che appartengono a dieci regioni, abbiamo ascoltato la sofferenza e le attese del nostro popolo dovuta al progressivo spopolamento di molti centri e all’assenza dei servizi fondamentali. In uno stile sinodale abbiamo condiviso il senso di frustrazione delle nostre popolazioni e l’abbandono da parte delle istituzioni”. Lo sottolineano i vescovi di diocesi che insistono su aree interne del nostro Paese, dal Nord al Sud Italia, in un messaggio che hanno voluto rivolgere alle loro comunità e alle istituzioni, al termine dell’incontro promosso al Centro “La Pace”, su iniziativa dell’arcivescovo Felice Accrocca. “I problemi maggiormente evidenziati sono diritti progressivamente negati, quali la salute, l’istruzione, il lavoro, la viabilità, l’ambiente salubre, le interconnessioni. Le comunità cristiane, spesso unico presidio e riferimento dei territori marginalizzati, sentono l’urgenza di contribuire al riscatto umano e sociale delle popolazioni di queste aree, declinando il Vangelo in modi sempre adeguati alla concretezza della realtà”, spiegano i presuli. Nel messaggio c’è, per coloro che vivono nelle aree interne, “l’incoraggiamento” a rendersi “protagonisti di una nuova stagione di sviluppo, che non può realizzarsi senza un impegno comune”, e un invito “a fare rete, uscendo dalla logica dei campanili, vivendo la fraternità e la solidarietà”. Alle istituzioni nazionali, regionali e locali, alla vigilia dell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, i vescovi chiedono “di disegnare un nuovo modello di sviluppo, equo e condiviso, in cui le aree interne possono diventare concretamente ‘il polmone del Paese’, offrendo risorse e disponibilità a costruire intorno alle loro potenzialità di carattere naturale, paesaggistico, storico, religioso e culturale una vera prospettiva di riscatto”. A mons. Felice Accrocca abbiamo chiesto quali sono ora le prospettive.

Eccellenza, qual è il suo bilancio dell’incontro?

È stata un’esperienza di condivisione sincera, serena, intensa tra noi vescovi e questo è importante. Ed

è stata anche un’esperienza di sinodalità applicata, vissuta.

Sono emersi alcuni temi e realtà che sono stati appena nominati, ma che richiedono una riflessione attenta, articolata, un’elaborazione progressiva che non poteva essere già frutto del poco tempo che abbiamo avuto.

È venuta fuori qualche idea per una pastorale delle aree interne?

Ci siamo detti che alcuni temi devono essere sicuramente privilegiati, come la valorizzazione dell’elemento laicale e della donna in una ministerialità sempre più accentuata, cioè come Chiesa ministeriale che punta sul Battesimo e, quindi, sul coinvolgimento di tutto il popolo di Dio. Ci siamo confrontati anche sulle opportunità, non dico di ripopolamento, ma almeno di arresto del declino demografico delle aree interne anche attraverso l’elemento delle provenienze extracomunitarie. In un contesto di questo tipo, certamente, dobbiamo sviluppare e intensificare di più la pastorale dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Abbiamo parlato, poi, di un tema che ha un forte impatto nelle nostre realtà qual è la religiosità popolare: come valorizzarla? Come purificare certe forme? E come sostanziarle di Parola di Dio? Sono temi grossi, che richiedono una rielaborazione successiva. Adesso abbiamo inquadrato il cammino.

Quando vi incontrerete di nuovo?

Ci siamo dati appuntamento per il 29 e il 30 agosto 2022, sempre qui a Benevento. Puntiamo a coinvolgere, per allora, altri vescovi e ulteriori regioni, in modo da avere una fotografia completa dello Stivale. Durante l’anno ci terremo in contatto e ci siamo assegnati un piccolo “compito a casa”: ognuno dovrà mettere nero su bianco alcune buone prassi in atto sulla pastorale delle aree interne, valorizzando le ricchezze che già abbiamo e vedendo come incentivarle. Riuniremo questi contributi in una pubblicazione, dove raccoglieremo le relazioni di questa due giorni, il contributo del segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, e il messaggio finale dell’incontro.

Quali sono gli elementi che accomunano le aree interne e quali le differenze dal punto di vista pastorale?

Innanzitutto, il Sud ha una presenza di clero maggiore del Nord, ma la linea di tendenza è comune verso una diminuzione dei sacerdoti dal punto di vista numerico. Anche nel Mezzogiorno, infatti, prevediamo, in tempi medio-brevi, una presenza minore. Tra le difficoltà comuni, c’è, a volte, quella di mutare il modello pastorale, cioè si vorrebbe quasi irrigidire nel tempo.

La tentazione del “si è sempre fatto così” è presente al Nord come al Sud.

Oggi ci si sposta per qualsiasi motivo, eppure talvolta sentiamo dire: “La messa si deve fare per forza qui”. Sono spaccati, tornati negli interventi di vari vescovi, anche se riferiti a contesti sociali diversi e a situazioni economiche differenti.

Quali sono le esigenze più sentite nelle aree interne?

Innanzitutto, molti si sentono dimenticati: quindi, la prima esigenza è di non essere abbandonati a se stessi. In questo senso, come vescovi ci sentiamo impegnati a mantenere un presidio sul territorio, a essere sentinelle in queste aree, dove spesso manca tutto. Se andasse via pure la Chiesa, chi vive in quelle aree la considererebbe la fine. Noi sentiamo l’esigenza di incanalare e coordinare gli sforzi e le energie, convogliandoli in direzioni comuni, per vincere la tentazione di andare in ordine sparso, ognuno per conto proprio. In questo caso diminuirebbe, però, di molto l’efficacia dell’azione.

È importante anche il dialogo con le Amministrazioni locali?

Certamente, ma noi

vogliamo ricordare anche al Governo centrale l’urgenza di intervenire a favore delle aree interne,

perché è una questione trasversale al Paese che deve essere affrontata centralmente, prima ancora che dagli enti locali, ed essere inserita nell’agenda politica, non dimenticata o marginalizzata. Ci auguriamo che, facendo da “ponte” in diverse Regioni e muovendoci su un orizzonte quasi nazionale, possiamo stimolare in questo senso il Governo centrale. Poi, chiaramente, è necessario interloquire con gli enti locali che sono sul territorio: è un dialogo che va mantenuto, coltivato, incentivato, nella libertà, nel rispetto dei ruoli e delle differenze, con serenità.

Il cammino dei vescovi delle aree interne come s’inserisce nel cammino sinodale della Chiesa italiana?

Sono percorsi che sono agli inizi, l’uno e l’altro. Il nostro incontro è una ricchezza che possiamo condividere e far conoscere e che potrà essere, eventualmente, valorizzata nel contesto più ampio del cammino sinodale della Chiesa italiana.

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