Il commento al Vangelo del 6 giugno 2021

Colui che si ciba delle specie eucaristiche viene misticamente assimilato a Gesù, il Figlio gradito a Dio per la sua obbedienza fino alla morte sulla croce: se col peccato l’uomo rifiuta Dio e se ne allontana in cerca di una libertà effimera, diversamente mangiando del corpo e sangue del Signore ne assimila la vita e ne fa proprie le scelte. Mangiando del Corpo e Sangue di Cristo l’uomo assume in sé Dio stesso e nonostante la sua miserabile condizione di peccatore, viene reso degno di stare alla sua presenza per vivere della sua stessa vita

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“L’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita cristiana. Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere di apostolato, sono strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua”. Queste sublimi parole del Catechismo della Chiesa Cattolica ci introducono in modo significativo nel cuore della Solennità del Corpo e Sangue del Signore.

La comunione della vita divina e l’unità del popolo di Dio, su cui si fonda la Chiesa, sono infatti adeguatamente espresse e mirabilmente prodotte dall’Eucaristia.

Il racconto evangelico di Marco che illumina la contemplazione di questo Mistero riporta ciò che avvenne nella Pasqua che vide raccolti Gesù e i discepoli nel cenacolo di Gerusalemme. Sapendo che la sua ora era prossima, in quel banchetto rituale, nel quale si ricordava il passaggio dalla schiavitù alla libertà, grazie al sangue dell’agnello, volle unire parole nuove a gesti tradizionali, cambiandone così il senso. In tal modo istituì il segno sacramentale nel quale la sua passione e la sua morte venivano interpretati come il sacrificio che stabilisce tra Dio e gli uomini un’alleanza eterna. Marco infatti riferisce a Gesù queste parole: “Prendete, questo è il mio corpo. Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti”.

Nei sacrifici, la vittima veniva immolata e con le carni s’imbandiva un pasto sacro con il quale si celebrava un’amicizia o un’alleanza ritrovata. La consumazione della vittima, resa sacra dal sacrificio, metteva in comunione con Dio. Nel contesto del banchetto rituale di Pasqua, attraverso l’assunzione dei simboli del pane e del vino, Gesù sostituisce all’antico sacrificio la celebrazione del nuovo. Questa volta la vittima nella quale è sigillato il patto è lui stesso.

Perciò i discepoli che mangiano del pane e bevono al calice accolgono la benevolenza di Dio, che li “giustifica”, cioè li rende degni di sé, stabilendo con essi un’alleanza e una comunione di vita per la quale si partecipa alla sua passione, morte e risurrezione. Nell’Eucaristia si celebra dunque l’Alleanza perenne e irrevocabile tra Dio e gli uomini. Colui che si ciba delle specie eucaristiche viene misticamente assimilato a Gesù, il Figlio gradito a Dio per la sua obbedienza fino alla morte sulla croce: se col peccato l’uomo rifiuta Dio e se ne allontana in cerca di una libertà effimera, diversamente mangiando del corpo e sangue del Signore ne assimila la vita e ne fa proprie le scelte. Mangiando del Corpo e Sangue di Cristo l’uomo assume in sé Dio stesso e nonostante la sua miserabile condizione di peccatore, viene reso degno di stare alla sua presenza per vivere della sua stessa vita.

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