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49ª Settimana sociale. Mons. Santoro: “Promuovere dialogo ad oltranza con tutti purché si porti avanti il bene dei popoli”

“Non possiamo prescindere dall’emergenza sanitaria e dai volti di coloro che stanno soffrendo a causa del Covid e dell’inquinamento ambientale: la ‘minaccia’ del virus e quella dell’inquinamento sono connesse, anche per le conseguenze economiche e, quindi, sul lavoro”, dice l’arcivescovo di Taranto al Sir

(Foto: ANSA/SIR)

“Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro”: è stato il tema al centro del convegno promosso, il 17 aprile, ad Acerra ed è molto vicino a quello della prossima Settimana sociale che si svolgerà a Taranto, dal 21 al 24 ottobre: “Il Pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso”. Delle problematiche ambientali e lavorative e delle prospettive sul futuro, senza dimenticare l’emergenza sanitaria e sociale in atto, parliamo con l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Durante la Settimana sociale come sarà sviluppata la tematica ambientale?

Come già annunciato alla presentazione dell’Instrumentum laboris,

la Settimana sociale vuole essere un momento per riacquisire la speranza, non illusoria, di poter essere artefici di un futuro migliore, rispettoso del Creato.

Non possiamo prescindere dall’emergenza sanitaria e dai volti di coloro che stanno soffrendo a causa del Covid e dell’inquinamento ambientale: la “minaccia” del virus e quella dell’inquinamento sono connesse, anche per le conseguenze economiche e, quindi, sul lavoro. Promuoveremo, pertanto, uno sguardo unitario dei cattolici italiani sulla questione ambientale, a livello del Pianeta e a livello locale, e su quella sociale ponendo alla base il passaggio dall’individuo alla comunità, dall’io al noi nella realizzazione del bene comune sociale. Nel rapporto con l’ambiente poi, la prospettiva di Taranto sarà orientata alla costruzione di un bene comune globale che oltre alla attenzione alla società abbraccia anche la cura della casa comune.

Lei giustamente ha detto che servono risposte serie e urgenti alle problematiche ambientali nel nostro Paese mentre c’è una sottovalutazione di queste problematiche e anche sul fronte delle bonifiche dei siti inquinati si è fatto poco: come invertire la tendenza?

È così: e la mia città è ancora una volta archetipo delle numerose situazioni italiane. Abbiamo studi, stanziamenti, proclami, ma ad ogni cambio di governo, cosa che purtroppo avviene troppo spesso, si ricomincia tutto daccapo, come in un estenuante gioco dell’oca. Quella delle bonifiche a Taranto è una ferita aperta: che ne è stato? Come mai si è fermato tutto? Servono risposte serie e urgenti alle problematiche ambientali, nella Terra dei fuochi come a Taranto, come nel centro Italia e nella Pianura Padana. Abbiamo quindi necessità di una classe dirigente “illuminata” capace di andare oltre l’interesse privato e contingente per mettere finalmente al centro il bene comune. Papa Francesco con la Laudato si’ ha sbaragliato il campo, smascherato le ipocrisie di chi ancora sacrifica al profitto l’ambiente e la dignità dell’essere umano. La strada era già indicata dalla Chiesa nella nostra dottrina sociale: mettere il bene della persona prima del guadagno, del profitto. La persona al centro dunque, con i suoi bisogni e le sue domande, le sue fragilità che quindi significa anche mettere al centro i più poveri, con i timori e le necessità di ciascuno.

Lei ha invitato i cattolici e tutta l’opinione pubblica a “prendere parte” a un movimento globale per la difesa del Creato: quanta consapevolezza c’è nel nostro mondo dell’importanza di questi temi?

Se mi avesse fatto questa domanda anche solo cinque anni fa la mia risposta sarebbe stata scettica, oggi grazie a Dio non è più così. Il fronte dell’opinione pubblica che ha acquisito consapevolezza in merito alla necessità non più prorogabile di cambiare il nostro rapporto con la Terra si è molto allargato, a dispetto delle azioni messe in campo dai potenti del mondo. Serve organizzare questo fronte in nome proprio di questa nuova e diffusa sensibilità che non riesce a trovare rappresentanza. Compito della Chiesa, compito della prossima Settimana sociale, è quello di promuovere dialogo ad oltranza con tutti, con tutte le persone di buona volontà purché si porti avanti il bene dei popoli, particolarmente i più poveri e del Pianeta.

A Taranto come nella cosiddetta Terra dei fuochi in Campania a volte è stata posta come un’alternativa il lavoro, da un lato, e la salute e la tutela ambientale, dall’altro: come superare questa contrapposizione e come rilanciare un lavoro che non danneggi la natura? Può aiutare il Next generation Eu?

Il Next generation Eu ci offre un’occasione imperdibile! Abbiamo la possibilità di utilizzarne le risorse per investire su un nuovo modello di sviluppo che produca, particolarmente nelle zone più ferite del Sud, una rinascita, un rilancio del cammino, un rilancio della vita, non più pensato in termini di sfruttamento dell’ambiente, di sfruttamento dissennato delle risorse, come se queste risorse fossero infinite e, quindi, rispettoso della dignità del lavoro e dei lavoratori.

Occorre promuovere occupazione e qualità degli investimenti, particolarmente al Sud

dove dovrebbe essere impiegato il 40% del Next generation Eu: su questo si gioca il nostro futuro.

La Settimana sociale di Taranto ha per tema “Il Pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro e futuro. #tuttoèconnesso”, che mette al centro il bene comune, la dignità delle persone, la difesa della casa comune. Eppure nel mondo, in Amazzonia come in Italia, la logica del profitto ha creato molti danni. Come vincere questa battaglia?

Dobbiamo amare il luogo in cui viviamo: Taranto, la Terra dei fuochi, l’Amazzonia. Ciascuno di noi deve farsi ferire dai problemi, dalla situazione ambientale ed occupazionale che ci affligge, dai giovani che se ne vanno, che siano essi indios, europei, italiani, mettere al centro l’annuncio del Vangelo come possibilità di una vita nuova. Con l’esortazione “Querida Amazonia”, il Papa non ha parlato solo ai popoli amazzonici ma anche alle nostre parrocchie, ai nostri movimenti e tutte le altre realtà associative ed ecclesiali perché verificassero e rinfrescassero la prassi pastorale proprio a partire dalle riflessioni che Francesco ci ha offerto in occasione del Sinodo dell’Amazzonia.

Quali possono essere le richieste alla politica oggi, in un orizzonte gravato dalla pandemia, sul fronte lavorativo, ambientale e della salute?

Come le dicevo, la percezione della gravità ambientale è attualmente diffusa tra le popolazioni ma trova ancora ostacoli tra molti che hanno responsabilità di governo. In Italia, ad esempio, attendiamo l’applicazione di provvedimenti innovativi da parte della classe politica di governo, che pur si era impegnata ad adottarne con il Recovery fund. Se è vero però che il movimento ecologico mondiale ha scosso già molte coscienze e promosso innumerevoli iniziative a difesa del pianeta Terra, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono stati bloccati dallo strumentale negazionismo dei potenti. Dobbiamo perciò “consumare la suola delle scarpe” e diventare artefici del nostro futuro: abbiamo il dovere di smuovere le coscienze e di invitare i cattolici e tutta l’opinione pubblica a “prendere parte” a un movimento globale che abbia l’intento di essere strumento di Dio per la difesa della Sua opera: il Creato.

Quale è il ruolo della Chiesa per un cambiamento degli stili di vita e per modelli di sviluppo che mettano al centro l’attenzione alla persona e al grido della Terra e al grido dei poveri?

Ancora una volta ci vengono in soccorso la Laudato si’ e la dottrina sociale della Chiesa: siamo invitati a una conversione culturale, a un cambiamento di mentalità, a un cambiamento di rotta; è necessario cambiare gli stili di vita e anche i modi di intendere lo sviluppo.

La parola d’ordine è mettere al centro il valore della persona

e, come abbiamo visto nel Sinodo dell’Amazzonia, l’attenzione al grido della terra e al grido dei poveri, in una prospettiva che il Papa chiama sociale, culturale, ecologica ed ecclesiale.

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