Gli intrighi e il seme buono

La rinuncia del cardinale Becciu, su pressante invito di papa Francesco, ha procurato nuovo dolore in quanti credono in Dio e hanno fiducia nella Chiesa cattolica

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Fulmine a ciel sereno. Autentica bomba. Notizia choc. Le dimissioni del cardinale Angelo Becciu, del tutto inattese, così sono state definite nei commenti a caldo.

Anche tra i più fedeli, tantissimi ne hanno parlato con stupore, con meraviglia e anche con amara sorpresa cui spesso è seguita una sola parola di constatazione: “Ancora?”.

Fuori dalle chiese, sabato e domenica scorsi, molti non commentavano altro. La rinuncia del porporato su pressante invito di papa Francesco, comunicata giovedì sera con tre righe diffuse dalla sala stampa della Santa Sede, ha procurato nuovo dolore in quanti credono in Dio e hanno fiducia nella Chiesa cattolica.

È stato un nuovo tuffo al cuore. L’ennesimo di questi anni sofferenti, da papa Benedetto XVI in qua. Ratzinger non è riuscito a sopportare le liti, i sotterfugi, le diatribe interne e le lotte di potere nella curia romana e forse anche questo ha influito sulla sua decisione di passare ad altri il timone della barca di Pietro.

Sulla scia del predecessore tedesco, anche papa Francesco fin dal primo giorno ha promesso tolleranza zero sugli scandali e chiede trasparenza in ogni ambito, anche e soprattutto quando si parla di soldi.

Per questo, e non solo per questo, Bergoglio avverte la necessità di chiedere sempre di pregare per lui. Sa bene che governare la Chiesa non è opera semplice. Ma sa anche che lui è chiamato, come ha ricordato Pierangelo Sequeri su Avvenire di domenica scorsa, a soffrire “qualche cosa per la Chiesa” consapevole che solo Cristo, “non altri, la guida e la salva”.

“La Chiesa non è una partita tra i notabili dell’apparato – ha aggiunto Sequeri – che pensano di poterne disporre: governando e salvando. La Chiesa è dei piccoli per i quali il Signore è pronto a esporsi e a svenarsi, perché ascoltano la sua voce e vivono di quella, con cuore puro anche se vulnerabile. Quando la sentono, chiunque parli, si emozionano, si commuovono, rivivono”.

È questa la Chiesa in cui vogliamo vivere, nonostante tutto. Per stare con Francesco oggi come stavamo con Benedetto XVI prima e Giovanni Paolo II prima ancora. Per stare con il Papa, chiunque esso sia. Proprio come i primi cristiani stavano con Pietro, uno che amava la Chiesa e il suo fondatore Gesù più di chiunque altro, anche se lo aveva rinnegato.

Questi piccoli, la parte nobile della Chiesa, sono coloro che emanano luce, si spendono senza riserve e mettono cuore nelle comunità dei credenti sparse nel mondo. Coloro che danno speranza a milioni di cristiani non avvezzi a intrighi tra fazioni, scandali, dimissioni e chiacchiere di palazzo. Coloro che rendono presente e attraente oggi l’esperienza avviata duemila anni fa. Quel seme buono che fiorisce e si rigenera.

(*) direttore del “Corriere Cesenate”

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