Fase 2: la memoria del tempo nel tempo della memoria

L’esercizio di questa settimana è sul tempo: scrivi per punti e orari incolonnati come era la tua giornata nel tempo della quarantena, e poi scrivi accanto un’altra colonna, con i punti e gli orari della tua giornata ora, nella ripresa. Osserva quanto tempo dedicavi nella quarantena alla cura di te, all’arte, agli altri, a Dio; poi osserva quanto tempo stai dedicando a queste cose ora, e considera in che modo potresti mantenere ora quanto di buono hai vissuto allora. Inoltre, se lavori e hai avuto modo di continuare a farlo in smart working, scrivi una relazione sui vantaggi e gli svantaggi che hai rilevato con questa possibilità, e condividila con più persone possibili – soprattutto con i tuoi capi

(Foto ANSA/SIR)

Dopo avere trattato della necessità assolutamente prioritaria di custodire quanto di buono c’è stato nel tempo della quarantena, abbiamo iniziato a riattivare, settimana dopo settimana, le memorie delle cose essenziali a un’esistenza umana che si è ritrovata stranamente sana in tempo di pandemia: la memoria dell’importanza delle relazioni, e quella del nostro stupore davanti a un cosmo che aveva ripreso a respirare. Relazioni ed ecologia: il mondo umano all’interno del mondo naturale. Settimana scorsa c’è stato un inciso sulla ripresa per noi preti, ma oggi torniamo all’analisi del contesto, del quadro generale in cui cosmo e relazioni si muovono, si sviluppano, si manifestano, e questo contesto da tematizzare è il tempo.

L’implacabile tram tram ci sta rapidamente risospingendo nel solito tempo inappropriato, cioè il tempo di cui non ci possiamo appropriare perché posseduto da tutte le cose di sempre; torna quel senso di affanno, di un tempo che insegue e non basta, di un tempo che interpella ed espropria; un tempo che, proprio come il titano Chronos dei miti greci, mangia i suoi figli nella forma di appuntamenti, scadenze, imbottigliamenti nel traffico, agende, programmazioni, ecc.

Se però ripensiamo ai giorni della quarantena, ci ricorderemo che non era così, allora. Alla clausura forzata ci sono state due reazioni alternative per quanto concerne il vissuto del tempo: c’è chi ne ha perso la cognizione, vivendo in un limbo costante di dormite, mangiate, serie Netflix e pizze impastate, e c’è chi si è appropriato del proprio tempo, scandendo la giornata secondo ritmi precedentemente impossibili. Naturalmente molti hanno vissuto in una zona di confine tra queste due possibilità, e non pochi, dopo lo shock iniziale, in cui si sono ridotti alla prima, si sono rianimati e sono passati risolutamente alla seconda, mettendo ordine in sé e nel proprio modo di vivere il tempo.

Ecco, questo è decisamente un punto da portare in questa nuova fase, e da non mollare: il recupero di un ritmo sano del tempo, di un ordine della giornata – di una regola di vita del quotidiano.

Sì, lo sappiamo tutti che con la fine della quarantena le cose stanno diversamente… ma è davvero così? Se hai visto che alzarti a una certa ora e fare certe cose la mattina ti fa bene, sei sicuro di non potere continuare a farle? Se nella quarantena hai avuto modo di sperimentare che dedicare tempo a determinate attività ti aiuta a contattare parti di te che avevi dimenticato, perché non continuare anche ora, magari almeno nel weekend?

Vuoi davvero riperdere tempi e spazi che avevi ritrovato?

Credo che buona parte della lotta per un vissuto migliore del tempo, e in generale per un mantenimento di quanto di buono abbiamo vissuto nel tempo della quarantena, si giochi nella lotta per un ripensamento globale del lavoro e dei benefici che lo smart working può apportare alla gestione dei tempi (basti pensare alla diminuzione del traffico!), alle relazioni (con una maggiore presenza in famiglia), e all’ecologia (consumi ridotti). Sappiamo che non è tutto “rose e fiori”: almeno in Italia, per una concezione non di rado meschina e “padronale” del lavoro, lo smart working ha anche significato riunioni infinite in videoconferenza, richieste costanti e invasive dei superiori in momenti che erano ben oltre l’orario di lavoro (il tuo capo non ti avrebbe di certo trovato in ufficio alle 21.00, mentre si è permesso di chiamarti a casa a quell’ora), e una difficile coordinazione tra figli piccoli e attenzione necessaria per i propri task quotidiani. Tuttavia accantonare questa possibilità e tornare allo stile lavorativo di prima solo perché ci sono delle complessità sarebbe un errore fatale, perché proprio insistendo e portando avanti quanto per ora è solo agli inizi si potranno trovare soluzioni che in altre parti del mondo, in cui lo smart working è una consuetudine, sono già operative.

L’esercizio di questa settimana è sul tempo: scrivi per punti e orari incolonnati come era la tua giornata nel tempo della quarantena, e poi scrivi accanto un’altra colonna, con i punti e gli orari della tua giornata ora, nella ripresa. Osserva quanto tempo dedicavi nella quarantena alla cura di te, all’arte, agli altri, a Dio; poi osserva quanto tempo stai dedicando a queste cose ora, e considera in che modo potresti mantenere ora quanto di buono hai vissuto allora.

Inoltre, se lavori e hai avuto modo di continuare a farlo in smart working, scrivi una relazione sui vantaggi e gli svantaggi che hai rilevato con questa possibilità, e condividila con più persone possibili – soprattutto con i tuoi capi.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa