Papa Francesco: “Non è questo il tempo degli egoismi e della dimenticanza”

Dedicato agli sfollati interni il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, in programma il 27 settembre. "Un dramma spesso invisibile, che la crisi mondiale causata dalla pandemia del Covid-19 ha esasperato", denuncia Francesco

foto SIR/Marco Calvarese

“Un dramma spesso invisibile, che la crisi mondiale causata dalla pandemia Covid-19 ha esasperato”. Così il Papa, nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato – che si celebra il 27 settembre prossimo – definisce il dramma degli sfollati interni, menzionato nel suo ultimo discorso al Corpo diplomatico e oggetto anche dei recenti Orientamenti pastorali elaborati dalla sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale.  “Questa crisi, per la sua veemenza, gravità ed estensione geografica, ha ridimensionato tante altre emergenze umanitarie che affliggono milioni di persone, relegando iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane, in fondo alle agende politiche nazionali”, il monito di Francesco, secondo il quale “non è questo il tempo della dimenticanza”.

“La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone”,

l’appello, sulla scorta dell’ultimo Messaggio Urbi et Orbi. “Alla luce dei tragici eventi che hanno segnato il 2020, estendo questo Messaggio, dedicato agli sfollati interni, a tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid-19”, l’intenzione di Bergoglio, che a proposito delle cronache recenti denuncia:  “Quasi ogni giorno la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per sé e per le proprie famiglie”.

“Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”,

i quattro imperativi rilanciati dal Papa, aggiunti a sei coppie di verbi “che corrispondono ad azioni molto concrete”. “Bisogna conoscere per comprendere”, il primo invito.

“Quando si parla di migranti e di sfollati troppo spesso ci si ferma ai numeri”, la denuncia: “Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”.

Le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri e spesso ci impediscono di ‘farci prossimi’ a loro e di servirli con amore”, spiega il Papa.

“Avvicinarsi al prossimo  spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi”,

l’omaggio di Francesco:  “Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere”.

“Nel mondo di oggi si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare”,  il grido d’allarme: “E’ solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero”, incalza il Papa, che poi scatta una fotografia di questo tempo di pandemia:  “Durante il 2020, per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade. Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato. E, ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia”.

“Dio non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni. No, questo non l’ha voluto il Signore!”.

Nella parte centrale del messaggio Francesco lancia quasi un grido. “Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno”, l’indicazione di rotta: “La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca”, l’appello che rilancia il momento di preghiera del 27 marzo scorso, in una piazza San Pietro vuota e bagnata dalla pioggia. “Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo”.

“Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza, dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto”,

la ricetta del Papa: “La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti –  anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi”. “Dobbiamo trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà”, ribadisce Francesco. “Bisogna coinvolgere per promuovere”, come ha fatto Gesù con la donna samaritana.

Costruire il Regno di Dio è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni”. Così il Papa spiega l’ultimo imperativo del messaggio.

“Non è questo il tempo degli egoismi,

perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone”, l’appello finale: “Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”.

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