“Gli operatori sociali parlano di madri costrette a camminare per ore per raggiungere una clinica con figlie che non riescono più a camminare dopo le violenze. La paura delle ritorsioni e dello stigma spesso impedisce di denunciare”. Lo ha dichiarato la direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, in merito ai casi di violenza sessuale contro i bambini nella Repubblica Democratica del Congo, “endemica, sistemica e in aumento”. Russell sottolinea come si tratti di una crisi radicata alimentata da insicurezza, disuguaglianze e fragilità dei sistemi di protezione. A lanciare l’allarme è un nuovo rapporto dell’Unicef, pubblicato oggi, che documenta un forte incremento dei casi in tutte le province dal 2022, anche al di fuori delle aree direttamente colpite dal conflitto. Nei primi nove mesi del 2025 sono stati registrati oltre 35mila casi di violenza sessuale su minori; nel 2024 i casi erano stati quasi 45mila, pari a circa il 40% di tutte le violenze sessuali denunciate nel Paese, tre volte di più rispetto al 2022. Numeri che, avverte l’Unicef, rappresentano solo una parte del fenomeno reale, a causa della diffusa sottodenuncia legata a paura, stigma, insicurezza e scarso accesso ai servizi.
L’Unicef, insieme al governo congolese e ai partner, ha ampliato gli interventi di assistenza, raggiungendo nel 2024 oltre 24.200 bambini sopravvissuti. Tuttavia, i tagli ai finanziamenti e l’insicurezza hanno ridotto o chiuso molti servizi: a metà 2025 solo il 23% degli interventi contro la violenza di genere risulta finanziato. L’agenzia Onu chiede un’azione urgente per prevenire le violenze, garantire servizi adeguati, perseguire i responsabili e rafforzare gli investimenti nella protezione dell’infanzia.