Slovenia: le comunità religiose contro la legge sul suicidio assistito, “inammissibile intromissione nella vita umana”

I rappresentanti delle principali comunità religiose in Slovenia hanno presentato il 12 novembre a Lubiana, nella sede della casa editrice Družina, una dichiarazione congiunta in vista del referendum sulla legge che introduce l’assistenza al suicidio volontario. Il testo definisce la proposta normativa “un’inammissibile intromissione nella vita umana”, richiamando quanto già espresso il 29 settembre, quando le comunità avevano giudicato la legge “inaccettabile dal punto di vista delle comunità religiose”. La dichiarazione ribadisce che “ogni vita umana ha un valore intangibile – fino alla sua morte naturale” e che l’accompagnamento di una persona in fin di vita “non è quello di consentirle l’uccisione ma di alleviare il suo dolore e garantirle la vicinanza umana”. Le comunità chiedono di rafforzare la rete delle cure palliative, così da assicurare “un accompagnamento dignitoso e misericordioso” ai malati e alle loro famiglie. Il testo avverte che la legalizzazione dell’aiuto al suicidio introdurrebbe “una pericolosa alterazione”, spingendo la società a distinguere tra vite “degne” e “meno degne” e generando nei malati e negli anziani sentimenti di inutilità. I firmatari invitano i cittadini a recarsi alle urne il 23 novembre “affinché la nostra società possa affermare chiaramente che ai malati e alle persone vulnerabili non offriamo la morte, ma aiuto, vicinanza e rispetto per la vita”. La dichiarazione è sottoscritta da Daniel Grabar, Nevzet Porić, mons. Andrej Saje, Leon Novak, dai rappresentanti delle Chiese ortodosse serba e macedone e dal vicepresidente della Comunità ebraica, Igor Vojtic.

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