Le autorità tunisine hanno incrementato le azioni repressive nei confronti degli attivisti delle organizzazioni non governative a difesa dei diritti umani: arresti arbitrari, imprigionamenti, congelamento dei beni, limitazioni alle operazioni bancarie e provvedimenti giudiziari sono azioni sempre più frequenti, giustificate con il contrasto ai finanziamenti esteri sospetti e, genericamente, con la tutela degli “interessi nazionali”. Lo denuncia Amnesty International, che ha espresso forte preoccupazione per quanto sta accadendo. Al 24 novembre 6 operatori e un difensore dei diritti umani del Consiglio tunisino per i rifugiati sosterranno un processo, “uno sviluppo senza precedenti” lo definisce l’associazione. Solo negli ultimi 4 mesi, almeno 14 ong tunisine e internazionali si sono viste sospendere le attività per almeno 30 giorni (cosa che, ad esempio, comporta anche lo stop per i rifugi antiviolenza domestica). Altro esempio del clima ostile, riporta Amnesty, è quanto accaduto l’11 ottobre, quando 25 ong si sono espresse a sostegno degli abitanti di Gabés e della loro lotta contro i danni causati da un’industria chimica, ricevendo poi pesanti accuse da parte delle piattaforme social e dei mezzi d’informazione vicini al governo. Inoltre, 20 organizzazioni hanno segnalato ritardi e difficoltà indebite nelle operazioni bancarie di finanziamento, che perdurano dal 2024. “Una persecuzione amministrativa e giudiziaria” l’ha definita Erika Guevara Rosas, alta direttrice delle ricerche e delle campagne di Amnesty International, chiedendo alle autorità un cambio di passo.