“L’occhio della macchina non è più passivo. È diventato un interprete del reale, capace di ricostruire ciò che vede e di immaginare ciò che non esiste”. Lo ha affermato Sebastiano Battiato, docente di Matematica e informatica dell’Università di Catania, intervenendo al convegno “IA. Un territorio da esplorare tra confini e sconfinamenti”, promosso da Aiart con l’ateneo, con Meter e con la diocesi, nell’auditorium del Disum al monastero dei Benedettini. Battiato ha spiegato che lo sviluppo dei modelli generativi nasce da “un semplice gioco a due operatori, in cui una macchina giudica e l’altra impara”, un processo che ha reso possibile la produzione autonoma di contenuti: “A un certo punto la macchina lancia la sua monetina e sceglie tra milioni di possibilità quella che più assomiglia al mondo umano”. Secondo il docente, ciò che sta accadendo è “così rapido da farci vivere come dentro una macchina del tempo”, perché molte ipotesi formulate nei laboratori “sono oggi realtà quotidiana”. Al centro dell’intervento anche la capacità delle reti neurali di scoprire strutture latenti nei dati: “La tecnologia riconosce relazioni che spesso sfuggono al nostro sguardo, non perché sia più intelligente, ma perché ha un modo diverso di vedere”. Di fronte a questa evoluzione, ha concluso Battiato, “siamo chiamati a dare ordine al fenomeno, creando criteri e responsabilità per governare strumenti che non sono più semplici accessori, ma parti integranti della nostra vita sociale e culturale”.