Gaza: appello di 93 organizzazioni, “anche gli operatori umanitari stanno morendo di fame. Far entrare cibo, acqua e medicine”

Mentre l’assedio imposto dal governo israeliano affama la popolazione di Gaza, anche gli operatori umanitari si trovano costretti a mettersi in fila per il cibo, rischiando di essere colpiti pur di nutrire le proprie famiglie. Con le scorte ormai completamente esaurite, le organizzazioni umanitarie stanno assistendo al deperimento fisico dei propri colleghi e partner, giorno dopo giorno. È la drammatica situazione descritta da 93 organizzazioni umanitarie presenti a Gaza, tra cui Terre des hommes. Esattamente due mesi dopo l’avvio della cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation, un’iniziativa sotto controllo del governo israeliano, le organizzazioni tornano a lanciare l’allarme, invitando i governi ad agire con urgenza: “aprire tutti i valichi di terra, ripristinare il pieno flusso di cibo, acqua potabile, forniture mediche e carburante attraverso meccanismi guidati dalle Nazioni Unite, porre fine all’assedio e concordare immediatamente un cessate il fuoco”.
Ogni mattina, a Gaza, si ripete la stessa domanda: mangerò oggi?” ha dichiarato un rappresentante di una delle agenzie coinvolte. E ancora: “Siamo al collasso per la fatica e il terrore delle bombe, cerchiamo di non pensare alla fame, ma non dimenticherò mai le lacrime delle madri arrivate all’ospedale supplicando per il latte in polvere per il loro bambini… non mi dimenticherò mai le ore passate in coda davanti alle cisterne per sperare di ricevere acqua potabile per noi e per le nostre famiglie”.
I massacri nei pressi dei punti di distribuzione alimentare avvengono quasi quotidianamente. Al 13 luglio, le Nazioni Unite confermano che 875 palestinesi sono stati uccisi mentre cercavano cibo. 201 lungo le rotte umanitarie e i restanti nei punti di distribuzione. Migliaia i feriti. Le forze israeliane hanno inoltre costretto quasi due milioni di palestinesi allo sfollamento forzato, l’ultimo ordine di evacuazione di massa è stato emesso il 20 luglio, confinando la popolazione in meno del 12% del territorio di Gaza. Il Programma alimentare mondiale (Wfp) avverte che le attuali condizioni rendono impossibile continuare le operazioni. “Affamare civili come metodo di guerra costituisce un crimine di guerra”, sottolineano le organizzazioni, ricordando che fuori dalla Striscia – e perfino all’interno – “tonnellate di cibo, acqua potabile, forniture mediche e carburante giacciono inutilizzate, mentre alle organizzazioni umanitarie è impedito l’accesso e la distribuzione”.
I medici riportano tassi record di malnutrizione acuta, soprattutto tra bambini e anziani. Si diffondono malattie come la diarrea acuta, i mercati sono vuoti, i rifiuti si accumulano, adulti crollano per strada per la fame e la disidratazione. Le distribuzioni a Gaza raggiungono in media appena 28 camion al giorno, del tutto insufficienti per oltre due milioni di persone, molte delle quali da settimane non ricevono alcun tipo di assistenza. “Le organizzazioni umanitarie dispongono delle risorse e delle competenze per rispondere su vasta scala. Ma l’accesso negato impedisce di raggiungere chi ha bisogno, inclusi i nostri stessi team, esausti e affamati”, precisano le 93 organizzazioni.

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