“Potesse l’Europa avere la capacità di immaginare ciò che ancora non c’è, di sbilanciarsi e proiettarsi al di là della situazione con le sue ristrettezze e urgenze, per guardare il male senza lasciarsi inghiottire! Potesse l’Europa lasciarsi guidare dalla virtù della speranza, che non è un fragile desiderio personale, ma è una forza capace di muovere l’azione sociale e questo accade quando ci sono autorità capaci di trasmettere la bontà del futuro. San Benedetto ci aiuti a convertire il bisogno di difesa in anelito di speranza e l’illusione della sicurezza nella verità della Salvezza!”. Si conclude con questo auspicio il messaggio congiunto del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, degli abati di Santa Giustina e di Praglia, rispettivamente dom Giulio Pagnoni e dom Stefano Visintin, e dell’abbadessa di San Daniele, madre Maria Chiara Paggiaro, diffusa alla vigilia della festa di san Benedetto da Norcia, abate e co-patrono d’Europa, che ricorre domani.
Nel testo viene ricordato che nella regola benedettina si trovano alcune indicazioni utili su come operare la pace. E viene espresso l’augurio: “Potesse l’insegnamento di san Benedetto di ‘non seguire l’impulso dell’ira; non serbare rancore; non tenere inganno nel cuore; non abbandonare mai la carità’ orientare la vita di ciascuno e in particolare di chi ricopre ruoli di potere!”. “La pace porta in sé un’urgenza, quella della riconciliazione”, viene affermato nel messaggio, sottolineando che “ciò vale anche per i conflitti su scala mondiale spesso originati da problemi che non sono stati affrontati e risolti nel tempo opportuno e che poi determinano le urgenze di sempre nuove e più intense difese e aggressioni”. “La pace che ci insegna san Benedetto non ha scorciatoie”, viene evidenziato nel testo: “Non la si edifica nell’omologazione, nella forzatura di uguaglianze indebite, nella sopraffazione, ma armonizzando le differenze, servendo le alterità, riconoscendo i bisogni di ciascuno e prendendosene cura”. Una visione quindi che incoraggia “il multilateralismo, il riconoscimento di un diritto diffuso internazionale”. Sull’esempio dell’organizzazione della vita nei monasteri benedettini, viene rilevato che “la pace ha bisogno della capacità ad accogliere e armonizzare sguardi differenti, anche quando appaiono alternativi e incomponibili”. Infine viene osservato che “investire in educazione e cultura, salute e sanità, lavoro dignitoso e benessere, cura del creato e innovazione significa investire nella sicurezza e nella pace, investire invece nelle armi e in relazioni politiche ed economiche di forza significa investire nelle diseguaglianze e nella guerra”.