“Anche questo Natale è un Natale di guerre, anche quest’oggi, anche questa notte… Ci sono delle bassezze della nostra umanità che feriscono tanti fratelli e tante sorelle. Eppure Dio continua a nascere in queste bassezze dell’umanità, se solo ci mettiamo in cammino per vedere il segno che Dio ci offre”. Lo ha affermato il card. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica del giorno di Natale.
“Dio – ha osservato il porporato – ci incontra entrando nella bassezza della nostra umanità, diventando – potremmo dire – l’ultimo di tutti, e concedendoci di incontrarlo nelle nostre bassezze, nelle nostre povertà, nelle nostre fragilità”. “È questo il messaggio che viene lanciato, di nuovo non a Cesare Augusto e neppure a Quirinio, non ai grandi della terra, ma ai pastori, le persone più semplici”, ha commentato richiamando il versetto “Oggi per voi è nato il Salvatore”. “Questo – ha proseguito – è la fonte di una grande, indistruttibile gioia. A una condizione: alla condizione che i pastori si mettano in viaggio e vadano a vedere il ‘segno’ che Dio ha voluto dare”. “Dio – ha spiegato il card. Repole – continua a nascere nella fragilità della nostra condizione umana. Tutti noi la sperimentiamo, e la sperimentiamo sempre di più andando avanti negli anni: la fragilità della nostra malattia, la fragilità della morte che bussa alle porte delle nostre case, la fragilità delle nostre energie psicologiche e spirituali che a volte si assottigliano…”. “Eppure – ha rilevato – è in quella fragilità che Dio continua a nascere. Dio nasce e si manifesta anche nella piccolezza della Chiesa: non siamo potenti, non siamo la totalità degli uomini, siamo una piccola porzione di umanità. Eppure è qui che Dio nasce”. “E lo possiamo riconoscere anche quest’oggi a misura che, come i pastori, ci mettiamo in cammino per vedere un segno che non è un segno”, l’esortazione dell’arcivescovo: “Quel segno che ci dice che Dio è davvero vicino nella sua lontananza, sempre diverso da quello che ci immaginiamo e pensiamo. Quel segno che ci dice che Dio si manifesta nel suo nascondimento, nel nascondimento di un bambino. È ciò che viviamo ogni anno nella notte di Natale, la Notte Santa, che si prolunga in questo giorno e che si prolunga negli otto giorni della festa del Natale cristiano”.