Sul monte, sotto lo stesso Cielo, per i fratelli

Quando al mattino o alla sera mi ritrovo davanti al Signore, nel silenzio della preghiera, per alzare ancora una volta la mia mano e benedire la comunità che il Signore mi ha affidato, le persone che ho incontrato, appaiono davanti agli occhi della mente le tante situazioni della giornata come fotogrammi di un unico film. Rivedo i momenti belli e meno belli, quelli di passione sacerdotale e di gioia e ovviamente le fatiche e le fragilità. Resta forte in me quell’impegno, preso nel giorno dell’ordinazione, di pregare per quelle persone che Gesù mi avrebbe affidato; quella porzione del gregge che sai che non è tua ma che devi amare, provare ad amare, con lo stesso amore del Pastore.

Foto Calvarese/SIR

Quando al mattino o alla sera mi ritrovo davanti al Signore, nel silenzio della preghiera, per alzare ancora una volta la mia mano e benedire la comunità che il Signore mi ha affidato, le persone che ho incontrato, appaiono davanti agli occhi della mente le tante situazioni della giornata come fotogrammi di un unico film. Rivedo i momenti belli e meno belli, quelli di passione sacerdotale e di gioia e ovviamente le fatiche e le fragilità. Resta forte in me quell’impegno, preso nel giorno dell’ordinazione, di pregare per quelle persone che Gesù mi avrebbe affidato; quella porzione del gregge che sai che non è tua ma che devi amare, provare ad amare, con lo stesso amore del Pastore.
Mai con amore mercenario o interessato, ma prendendosi cura di tutti, della pecora zoppa e della pecora madre, di quella giovane e di quella ammalta, di quella più dolce e di quella che scalpita e ti fa arrabbiare. Ecco che allora mi tornano in mente, con litanica puntualità, quelle parole dell’orazione sulle offerte per la messa dell’anniversario sacerdotale: “O Dio, che disponi con potenza e bontà i giorni e le stagioni, accogli i doni posti per tua grazia nelle mie mani, e per la forza di questa offerta unisci in un solo cuore il popolo e il suo sacerdote, perché non manchi mai al pastore la docilità dei fedeli e ai fedeli la sollecitudine del pastore”.
È proprio così. La sollecitudine del fratello chiamato ad essere padre, che si esprime nelle attività, nel ministero, ma ancor più nel silenzio della sera, si celebra nella sua più grande verità quando sei chiamato, ancora una volta, ad alzare la mano per benedire, a spalancare le braccia e tenderle verso il Cielo per invocare misericordia.
Questo aspetto della preghiera intima, tra il discepolo e il suo Maestro, penso sia uno degli aspetti più belli del sacerdozio e del ministero affidato ad alcuni chiamati, senza alcun merito, ad essere “curati” (a prendersi cura) della comunità, di quanti sono come pecore senza pastore. È un modo veramente gratuito, uno luogo di carità, uno spazio tutto divino perché è di offerta senza ritorno.
Se è bello, fecondo e significativo, pregare per la comunità insieme ai fedeli che partecipano alla vita della parrocchia, è ancor più bello e travagliato insieme, salire sul monte da soli per parlare a Dio proprio di quei fratelli.
Papa Francesco richiama spesso l’immagine del pastore con l’odore delle pecore. Quell’odore te lo devi portare dietro, nell’esperienza personale di una preghiera silenziosa sul mondo, sul tuo mondo, anche su quelle porzioni poco gradevoli, dove l’offerta diventa un chiodo che penetra la carne; quello è il momento in cui sali un po’, ma solo un po’, sulla stessa Croce del tuo Signore, per ripetere le sue stesse belle parole di amorevole perdono e comprensione, per guardare la storia da un’altra prospettiva. È comme se Gesù ti dicesse vieni e guarda da qui!
Quando alla sera si arriva stanchi, consumati, mangiati dagli impegni della giornata e sai che devi ancora vivere il tuo momento di intimità con Gesù, proprio allora risenti quelle consolanti parole che si fanno carezza per te e per i fratelli che Lui ti ha affidato. Gesù sa bene di che pasta sei fatto, sa bene come è fatto anche il gregge. Ecco che allora ti ripete: non temere, vai avanti, io sono con te, ora vieni qui e riposati un po’.
Vorrei concludere con un appunto spirituale che scrissi una sera, dopo una lunga e faticosa giornata sacerdotale. Ero abbastanza provato da alcune vicende nella parrocchia; come pregare per i miei fratelli, cosa dire al Signore? Perché mi aveva mandato qui?
In silenzio mi ero fermato nel giardino della canonica, era una sera di inverno, fredda ma il cielo era terso; c’era buio, come nel mio cuore. Mi sentivo solo, impotente di fronte alle grandi sfide. Chiusi la mia giornata, con un dialogo intimo che si fece preghiera, ma soprattutto ascolto:
“In cielo stasera ci sono più stelle. Eppure, non è stata una bella sera. Voglio che tu ancora alzi lo sguardo. Voglio farti sentire ancora speranza e consolazione. Va, non temere, piccolo mio. Io sono con te. Non avere paura. Sei sulla strada buona. Il sentiero luminoso che ho tracciato per te di guida lungo il tuo faticoso cammino. Vai avanti, sempre. Nella gioia. Il Cielo stasera è con te.

(*) parroco San Nicola di Bari in Mendicino (Cs)

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