Quattordici organizzazioni umanitarie, tra cui Amnesty International, hanno espresso “profonda preoccupazione” per l’aumento dei decessi in carcere in Myanmar, denunciando la negazione sistematica di cure mediche alle persone detenute. Dal colpo di Stato militare del 2021, si stima che circa 1.800 prigionieri siano morti in custodia, spesso a causa di ferite non curate dopo interrogatori violenti o per mancata assistenza sanitaria. Le ong chiedono “l’immediata cessazione di torture e maltrattamenti” e il rispetto delle “Regole Mandela” delle Nazioni Unite sul trattamento dei detenuti. Solo tra gennaio e luglio 2025 sarebbero decedute oltre 70 persone, 59 delle quali nella prigione di Obo a Mandalay, anche a seguito del terremoto di marzo.
Tra le vittime recenti, l’attivista Ma Wutt Yee Aung, 26 anni, morta nel carcere di Insein, e Ko Pyae Sone Aung, 44 anni, rappresentante della Lega nazionale per la democrazia, deceduto nel carcere di Thaton dopo presunte percosse e mancata somministrazione di cure.
Secondo il Political Prisoners Network-Myanmar, almeno 190 prigionieri politici sono stati uccisi dal 2021 a oggi per torture o assenza di assistenza medica. Le ong chiedono inoltre il rilascio immediato di tutti i detenuti arbitrari e l’accesso di aiuti umanitari e organizzazioni indipendenti alle carceri.