Per quanto, al momento, non immediatamente prevedibile, “qualsiasi intervento comporterebbe conseguenze di instabilità in Venezuela, poiché l’attuale Governo, sebbene illegittimo e, de facto, e privo di una base sociale, dispone di una struttura armata e paramilitare che renderebbe instabile qualsiasi transizione non negoziata. Inoltre, le guerriglie colombiane si aggiungerebbero a questa risposta. Si profilerebbe uno scenario, molto doloroso, simile a quello della Siria”. La valutazione, offerta al Sir, arriva da una qualificata fonte ecclesiale venezuelana, sotto anonimato. La fonte, persona dalla notevole esperienza di analista politico e sociale, commenta, così, l’innalzamento della tensione tra Stati Uniti e Venezuela. A fronte del dispiegamento di tre navi da guerra americane al largo delle coste del Venezuela, annunciato dal presidente Donald Trump come parte di un’operazione contro il narcotraffico, il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha risposto mobilitando 4,5 milioni di miliziani e inviando soldati al confine con la Colombia. L’azione di Trump, che ha anche raddoppiato la “taglia” su Maduro, è stata definita da Caracas “un atto ostile”, che mina la stabilità regionale. La Cina ha condannato la mossa, mentre il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha difeso Maduro dalle accuse di narcotraffico e ha messo in guardia da una possibile escalation.
“Non credo che Trump sia interessato alla democrazia – ragiona la nostra fonte -, ha interessi rispetto alla sicurezza, secondo la logica del ‘cortile di casa’, e anche con un occhio alle terre rare presenti in Venezuela. In questo scenario, il Governo venezuelano ha paura, la mobilitazione delle navi è, comunque, una minaccia reale, soprattutto perché la motivazione ufficiale è la lotta al narcotraffico, che nella legislazione statunitense autorizza eventuali operazioni militari. In questo scenario di minaccia esterna e di paura di perdere il potere, si intensifica la repressione nei confronti della popolazione venezuelana”.
Non manca, tuttavia, qualche possibile speranza: “Lo scenario migliore è che tutta questa mobilitazione costringa a una negoziazione reale che garantisca una transizione alla democrazia, senza un intervento diretto. Il problema è che l’opposizione è molto frammentata e una parte di essa è molto radicalizzata. Qualsiasi altro scenario, che non preveda la negoziazione, sarebbe catastrofico per il Paese. Ma, in questo uragano di passioni, pensare oltre le emozioni non è facile. Razionalmente non si vede come questa mobilitazione possa concludersi con un’invasione, o neppure con un’operazione militare ‘chirurgica’; ma, con Trump al potere, non è facile sapere cosa può succedere”. Nel frattempo, è l’amara conclusione, “il Venezuela continua a esportare petrolio negli Stati Uniti”.