Anche nella diocesi di Crotone-Santa Severina la chiusura, ieri, dell’Anno giubilare. Ad ospitare la celebrazione, presieduta dall’arcivescovo, mons. Alberto Torriani, la parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa di Crotone. Un momento “intenso” e “partecipato” che ha riunito la comunità ecclesiale attorno a “un cammino spirituale vissuto nei mesi passati e lo ha riconsegnato alla vita quotidiana delle persone, delle famiglie e delle comunità, come impegno concreto di speranza”, spiega la diocesi in una nota. Durante l’omelia, il presule ha offerto una riflessione a partire dalla lettera ai Colossesi: “Rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mitezza, di pazienza… e la pace di Cristo regni nei vostri cuori”. Un invito, ha spiegato, che non è riservato a pochi ma rivolto a ogni credente nella normalità della vita di ogni giorno. Un gesto quotidiano che ha un rimando ad un verbo concreto: “rivestire. Come ci si veste ogni mattina con l’abito” cosi bisogna “rivestirsi di Cristo”, soprattutto quando le relazioni “si fanno faticose e la vita sembra sfilacciarsi. La pace di Cristo, è stato ricordato, non coincide con l’assenza di conflitti, ma è una presenza capace di tenere unito ciò che rischia di spezzarsi”. Mons. Torriani ha ricordato come, in questi mesi, le chiese giubilari siano state per molti fedeli luoghi di preghiera, riconciliazione e ripartenza. Non “semplici mete da visitare, ma spazi in cui fermarsi, pregare, riconciliarsi e ricominciare”. “In quei luoghi – ha detto – molti hanno potuto re-incontrare e dire al Signore: Eccomi, sono qui, così come sono”. Un’immagine che ha aiutato a comprendere il senso del Giubileo, come sottolineato dal vescovo: esso è stato per molti un “tempo di Egitto”, un tempo per “fermarsi, respirare, lasciarsi custodire ma non una parentesi destinata a durare per sempre”. Con la chiusura dell’Anno Santo si è chiamati a rientrare nella “terra ordinaria” della vita, portando con sé ciò che abbiamo custodito: “la pace ricevuta, il perdono sperimentato e la speranza riaccesa”. La speranza cristiana, ci ricorda il Giubileo, non è legata alle soddisfazioni quotidiane o riduce la vita all’immediato, ma ricorda che la meta è il “Cielo”: la vita in Dio, iniziata e non compiuta, non il successo, il consenso o l’efficienza. Non sono mancati riferimenti ai passaggi significativi che hanno segnato questo tempo per la Chiesa universale e locale. Durante l’Anno Santo, la comunità ecclesiale ha vissuto un tempo di rinnovamento, un nuovo inizio segno che “la speranza – ha affermato – non nasce dalla stabilità delle persone, ma dalla fedeltà di Dio che accompagna ogni passaggio”. La Chiesa non “si fonda su chi resta, ma su Colui che resta per sempre”. Con la chiusura ufficiale del Giubileo, le porte simboliche si richiudono, ma “la speranza resta aperta e non rinchiusa nei luoghi giubilari. La speranza ricevuta chiede ora di diventare stile di vita, responsabilità e testimonianza concreta nelle famiglie, nelle comunità, nelle relazioni ferite, nei luoghi di lavoro e di studio, nella vita sociale”. “Una speranza – ha detto mons. Turriani – che si traduce in misericordia concreta, pazienza operosa e perdono possibile”. “Se la nostra vita – ha concluso il vescovo – saprà dire a qualcuno: Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore, allora il Giubileo continuerà a portare frutto”. La celebrazione di Crotone ha “segnato così non un punto di arrivo, ma un nuovo inizio: quello di una comunità chiamata a continuare il cammino, ancorata a Cristo, entrando con passo umile e fiducioso nella terra che le è affidata, senza perdere la meta e senza lasciare indietro nessuno”.