Anche nella diocesi di Trento si è concluso nel pomeriggio di ieri il Giubileo della Speranza con la solenne celebrazione eucaristica in cattedrale, presieduta dall’arcivescovo, mons. Lauro Tisi. Il momento finale dell’Anno Santo si è aperto simbolicamente in piazza Duomo, trasformata per l’occasione dai giovani, così come per tutta la giornata in tanti angoli della città, in una vera “piazza di speranza”. Qui i giovani hanno dato avvio alla liturgia portando a mano la Croce del Giubileo, realizzata dagli allievi falegnami della scuola di Tesero e divenuta in questi mesi segno concreto di un cammino condiviso. Una croce – la cui copia venne donata nell’aprile scorso a Papa Francesco – che ha attraversato il territorio diocesano, portando le comunità a raccogliersi in preghiera per ravvivare reciprocamente la speranza. L’arcivescovo ha ringraziato in avvio della Messa il Signore per il Giubileo vissuto come popolo in cammino, capace di “dare voce a chi spesso non ne ha: malati, anziani, detenuti, poveri”. Un anno segnato dall’incontro con Cristo nei volti concreti delle persone e dal desiderio, condiviso con i giovani, di “un mondo che sa ancora sperare”. Il fine settimana ha visto i giovani protagonisti dell’iniziativa “Piazze di Speranza”: due giorni di incontro, riflessione, gioco e testimonianza. Dopo l’avvio del sabato e il pernottamento nelle strutture diocesane, nella mattinata di ieri adolescenti e giovani hanno animato diverse zone della città con stand e proposte, raccontando storie di speranza attraverso parole, gesti e attività. Un modo semplice e diretto per abitare la città e dialogare con chiunque si fermasse ad ascoltare. Nell’omelia mons. Tisi ha offerto una lettura attualizzante delle Scritture della Festa della Santa Famiglia di Nazaret. L’invito centrale è stato quello a prendersi cura della vulnerabilità, propria e altrui, come chiave per far fiorire la vita personale, la società e la Chiesa. “Tu sei incanto, sei bellezza, vali al di là di quello che fai o non fai”, ha ripetuto mons. Tisi ai giovani, esortandoli a non avere paura delle proprie fragilità. Da qui la consegna finale a tutta la Chiesa trentina, ispirata alla figura di san Giuseppe nel Vangelo: “sognare, muoversi, custodire”. Sognare senza lasciarsi schiacciare dal realismo e dalla paura; muoversi, senza restare prigionieri di nostalgie e immobilismi; custodire Gesù Cristo come centro della vita personale ed ecclesiale.