Giubileo 2025: mons. Parisi (Lamezia Terme), soccorrere “chi è fragile e chi si trova in difficoltà”

“Ciò che il Giubileo pretendeva – ed è anche importante per noi oggi – era innanzitutto non tanto l’aspetto celebrativo esteriore quanto una trasformazione dell’uomo, cioè la necessità di incidere concretamente dentro la storia con i fatti e con la vita”. Lo ha detto mons.  Serafino Parisi, vescovo di Lamezia terme, nell’omelia pronunciata in occasione della chiusura dell’anno giubilare. Per mons. Parisi l’indizione del Giubileo “serve per stabilire alcuni principi eterni” e, nello stesso tempo, “ci richiama a questi principi e li pone ancora oggi alla nostra attenzione proprio per non farci cadere nella trappola della euforia dei numeri che tanto ci condiziona sia in modo positivo, quando appunto ci sono le folle che acclamano, e sia anche in modo negativo, quando magari in una chiesa, raccolti, vediamo soltanto quattro fedeli che, però, devono essere calcolati come persone umane e non come numeri”. La “logica” del Giubileo è “legata, innanzitutto, alla terra che – ha detto il presule – vuole essere feconda, che non deve essere nemmeno coltivata, tanto spontaneamente può produrre – dice il libro del Levitico – tutto quello che deve produrre e tutti dovranno mangiare allo stesso modo. Allora, nella mia visione che vi sottopongo questa sera il tempo del Giubileo è tempo di semina – la semina di Dio – di una terra che deve essere capace di accogliere i semi che sono stati buttati, gettati, in modo copioso quest’anno”. Oggi – ha detto ancora mons. Parisi – il riferimento a Gesù, “ormai, è un pio ricordo quando invece è il senso della nostra vita, del nostro servizio, zoppicante per quanto possa essere, ma è il senso del nostro servizio e, dunque, anche delle parole della predicazione”. Tornare all’essenziale, quindi, per poter “riconoscere Gesù Cristo nel fratello che odio o in quello che mi odia”. “La logica non è quella di Caino e Abele, ma la logica è quella della croce di Cristo che muore, dà la vita per la vita dell’altro: questo è il principio del Vangelo”. Per il vescovo lametino la fede deve essere vissuta nel “campo della storia, sul terreno dell’umanità. Noi abbiamo perso la gioia. Non sappiamo più gioire”. La nostra storia – ha concluso mons. Parisi – si misurerà dalla capacità che avremmo avuto di soccorrere l’altro in difficoltà”. Da qui l’invito a soccorrere “chi è fragile, prenditi cura di chi si trova in difficoltà, perché la fraternità con la legge della sopportazione e con la legge della carità si costruisce esattamente così: prendendoci cura gli uni gli altri, quando tocca a me raccogliere le tue lacrime perché io possa curare la mia aridità e quando tocca a te raccogliere le mie lacrime che potranno servire per la tua, per la nostra aridità. Questa è la bellezza della fraternità che noi dobbiamo costruire perché il Giubileo finirà, non finirà, sarà celebrato, non sarà celebrato, ognuno, però, si ricorderà del fratello che lo ha soccorso nel momento più critico: questo è il frutto più grande della benedizione del Signore sulla nostra vita che io invoco ora su ognuno di voi, su ognuno di noi”.

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