“L’anno giubilare è stato un’occasione di grazia e un appello forte alla conversione e alla riconciliazione per camminare insieme come Chiesa e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, sulle vie della giustizia e della pace, come pellegrini seguendo Gesù, la Speranza che non delude”. Lo ha detto ieri l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone, in occasione della chiusura del Giubileo a livello diocesano. “Ringraziamo il Signore – ha detto mons. Morrone – per questo tempo giubilare che ci è stato donato e spero sia stato per ciascuno di noi occasione propizia per aver elaborato il dono della grazia giubilare in creativi segni di carità a vantaggio di chi era a corto di speranza”. Rivolgendosi ai giovani il presule reggino ha detto che “senza una speranza che offre la forza di osare e che apre nuovi orizzonti e sentieri di vita, il futuro è solo una chimera, un immobile desiderio che prima o poi si estingue nei vari mestieri o professioni che la vita vi concederà. Ma voi avete energie per dare gambe ai vostri ideali e sogni, ispirati dalla fresca fede che confessate in Gesù. Puntate in alto, fate spazio alla chiamata di Dio in voi, osate aspirare a grandi ideali, quelli evangelici che danno anima e sostanza alle scelte di vita che siete chiamati a fare, e a quelle già fatte offriranno consistenza e una nuova direzione per rendere più umana questa nostra terra. Fidatevi del Signore che di voi si fida perché con voi vuole continuare l’opera di rinnovamento di questo mondo di cui voi, fin da ora, siete protagonisti con i vostri personali impegni di vita cristiana”. L’evangelista Matteo narra la fuga dell’intera famiglia in Egitto a causa delle intenzioni omicide del potente di turno che “non potendo trovare il bambino Gesù, aveva fatto strage di tanti altri innocenti bambini. Non possiamo non pensare alle recenti stragi di bambini e adulti a Gaza. La terribile dimensione della malvagità e della devastante violenza di cui sono capaci i vari potenti di turno, ieri come oggi, è la misura dell’assurdità di ogni guerra. Quando il proprio potere è messo in discussione, anche da un piccolo, si agisce di conseguenza con estrema freddezza e crudeltà”. “Potranno rientrare nelle proprie terre le migliaia di famiglie sfollate per carestie povertà e guerre in varie parti del nostro pianeta?”, si è chiesto mons. Morrone: “Lo speriamo e preghiamo perché i credenti in Cristo, chiamati ad essere artefici di pace e che hanno responsabilità politiche, si adoperino perché la gioia vissuta dalla santa famiglia nel ritorno a Nazareth, possa essere gustata quanto prima anche da chi sogna di rientrare alla propria terra per una vita dignitosa e serena”. È giusto ringraziare coloro che, “nel nostro territorio diocesano personalmente o in forma organizzata, non ultima la nostra Caritas, hanno dato speranza a tante famiglie, piccoli e grandi” offrendo loro il necessario e visitando chi ha bisogno. Se questo “l’abbiamo fatto anche noi, allora l’indulgenza giubilare ha prodotto il suo frutto, almeno una volta siamo stati generativamente benedizione evangelica per tutti e per tutte le famiglie che fanno parte del nostro territorio diocesano, comprese quelle che sono di passaggio”, ha sottolineato mons. Morrone che ha quindi evidenziato che “le nostre famiglie cristiane restano il primo luogo della trasmissione della vita e della fede, primo spazio educativo da sostenere come concreta speranza per la missione della Chiesa, in questo nostro mondo occidentale post-cristiano e in parte nichilista”. Per l’arcivescovo la Chiesa, “la grande cattolica famiglia di Dio, sul modello della famiglia di Nazaret, contro ogni forma di individualismo e autoreferenzialità personale o collettivo, è lo spazio umano dove ci si educa a camminare insieme, a sostenerci gli uni gli altri, a perdonarci vicendevolmente per superare gli inevitabili conflitti, e renderci disponibili all’accoglienza e all’ascolto dei tanti che sono in camminano con noi in questa vicenda umana così bisognosa di speranza in tempi di pessimismo e incertezze”.