Giorni di vera e propria guerra, tra la popolazione terrorizzata. Accade a Buenos Aires, municipio colombiano del dipartimento del Cauca, nel sudovest del Paese. Gli attacchi del maggior gruppo dissidente delle disciolte Farc, l’Estado mayor central, che da tempo combattono contro l’Esercito di liberazione nazionale e contro altre bande criminali per il controllo del territorio e dei traffici illeciti, hanno creato un clima di terrore, minacciando anche il parroco, padre Winston Chávez. Tra i morti, due agenti di polizia. L’azione armata ha lasciato profonde ferite nella popolazione civile: case distrutte, attività commerciali danneggiate, paura diffusa. In questo contesto, mons. Omar Sánchez, arcivescovo di Popayán, ha inviato un messaggio di speranza alla comunità colpita, sostenendo il parroco: “Il dipartimento è terrorizzato. Queste azioni non solo distruggono case e attività commerciali, ma spezzano anche la speranza e lasciano una grande incertezza sul futuro”, ha affermato l’arcivescovo, sottolineando che la comunità del Cauca continua ad attendere soluzioni concrete a un conflitto di lunga data. L’arcivescovo di Popayán ha espresso il pieno sostegno della Chiesa al parroco. Ha sottolineato che il sacerdote ha agito sotto la coercizione di uomini armati, che lo hanno costretto a usare gli altoparlanti della parrocchia per inviare un messaggio alla polizia, in un contesto ad alto rischio. “Il sacerdote è stato intimidito. Si è trattato di un’azione forzata, in un contesto di violenza e bombardamenti. Giudicarlo senza comprendere questa realtà è profondamente ingiusto”. L’arcivescovo ha sottolineato che, sebbene in altre zone del Cauca siano stati registrati gravi danni alle chiese parrocchiali, a Buenos Aires non sono stati segnalati danni alla struttura della chiesa. Ha aggiunto che non ci sono minacce dirette contro il sacerdote, che continuerà ad accompagnare la sua comunità.
Infine, mons. Sánchez ha ribadito ancora una volta l’appello della Chiesa agli attori armati affinché rispettino la vita e proteggano la popolazione civile: “Le soluzioni non sono rapide né semplici, ma occorre costruire percorsi seri verso una via d’uscita strutturale. Non possiamo continuare ad aggiungere cifre di dolore e terrore”.