“Siamo alla fine di un anno e, mentre viviamo i giorni del Natale, mettiamo sotto l’albero analisi, sintesi e bilanci di dodici mesi. Sembrava ieri quando si sono aperte le porte del Giubileo e, in un attimo, si sono già chiuse. La storia corre veloce, gli avvenimenti ci precedono e si susseguono rapidamente, le situazioni cambiamo da un momento all’altro”. Si pare con questa constatazione il messaggio natalizio di mons. Sandro Salvucci, arcivescovo di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, e mons. Andrea Andreozzi, vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, diffuso attraverso il settimanale delle diocesi “Il nuovo amico”.
“La riflessione che prima vogliamo fare – sottolineano i due presuli – verte sulla capacità di essere uomini e donne della Buona Novella, autori e interpreti del Vangelo”. “Gesù – osservano – non è stato uno scrittore. Ha lasciato, con somma libertà e distacco, che altri parlassero di lui e raccontassero la sua vita”. “Un albero – proseguono – si riconosce dai suoi frutti e spetta a chi li mangia dire se sono buoni o cattivi. Gli uomini e le donne della Buona Novella non lasciano targhe o lapidi del loro passaggio sulla terra, non si preoccupano della loro fama, non predispongono il futuro. Tanto meno si autoproclamano profeti. Lasciano ai posteri l’ardua sentenza della memoria, dannata o beata che sia”. “La Buona Novella – rilevano i due vescovi – si trasmette in modi inattesi, paradossali e misteriosi: ‘Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro linguaggio’ (Salmo 19). Senza parlare fa il giro del mondo e tutti la possono udire. Di notte si vede la sua luce e di giorno ci si ripara alla sua ombra. Non a caso lo stesso Salmo si chiude con la richiesta dell’orante di essere totalmente permeato dalla ricezione del messaggio: ‘Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore’”. Per mons. Salvucci e mons. Andreozzi, “la questione principale, dunque, non è cosa gli altri diranno di me, ma come la Buona Novella ha fatto il giro del mondo, ha cambiato la vita, come è passata da una casa all’altra, da una comunità all’altra”. “Il vero dramma – ammoniscono – è la volontà di trattenere il Vangelo, di possederlo gelosamente senza lasciarlo scorrere, passare rapidamente di mano in mano, di generazione in generazione, da questo al prossimo Giubileo. La vera tragedia è che il mondo vuole correre più rapidamente della Buona Novella e questo lo porta a non avere nulla di buono da raccontare, a rispecchiarsi nelle sue miserie spacciate per conquiste, a raccontare qualcosa che non esiste”. “Il profeta dell’Avvento – concludono i presuli – dice, invece, che chi si lascia precedere dal Vangelo corre senza affannarsi e cammina senza stancarsi (Isaia 40,31). È con le sue parole che vi inviamo i nostri auguri più sinceri”.