“Noi non siamo macchine, abbiamo un cuore, anzi, possiamo dire, siamo un cuore”. Ne è convinto il Papa, che ha dedicato l’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro, alla Pasqua come approdo del cuore inquieto, in puro stile agostiniano. “La vita umana è caratterizzata da un movimento costante che ci spinge a fare, ad agire”, l’analisi di Leone XIV: “Oggi si richiede ovunque rapidità nel conseguire risultati ottimali negli ambiti più svariati”. “In che modo la risurrezione di Gesù illumina questo tratto della nostra esperienza? Quando parteciperemo alla sua vittoria sulla morte, ci riposeremo?”, si è chiesto il Papa: “La fede ci dice: sì, riposeremo. Non saremo inattivi, ma entreremo nel riposo di Dio, che è pace e gioia”. “Ebbene, dobbiamo solo aspettare, o questo ci può cambiare fin da ora?”, l’altra domanda di Leone: “Siamo assorbiti da tante attività che non sempre ci rendono soddisfatti. Molte delle nostre azioni hanno a che fare con cose pratiche, concrete. Dobbiamo assumerci la responsabilità di tanti impegni, risolvere problemi, affrontare fatiche. Anche Gesù si è coinvolto con le persone e con la vita, non risparmiandosi, anzi donandosi fino alla fine”. “Eppure, percepiamo spesso quanto il troppo fare, invece di darci pienezza, diventi un vortice che ci stordisce, ci toglie serenità, ci impedisce di vivere al meglio ciò che è davvero importante per la nostra vita”, il monito del Papa: “Ci sentiamo allora stanchi, insoddisfatti: il tempo pare disperdersi in mille cose pratiche che però non risolvono il significato ultimo della nostra esistenza. A volte, alla fine di giornate piene di attività, ci sentiamo vuoti. Perché?”. “Perché noi non siamo macchine, abbiamo un cuore, anzi, possiamo dire, siamo un cuore”, la risposta sulla scorta di Sant’Agostino.