Gli operatori di pace “osano rimanere, anche quando costa sacrificio”. E’ la terza caratteristica evidenziata dal Papa, nel suo primo discorso in Libano, pronunciato in inglese e rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico. “Vengono momenti in cui è più facile fuggire, o, semplicemente, risulta più conveniente andare altrove”, ha osservato Leone XIV, secondo il quale “ci vuole davvero coraggio e lungimiranza restare o tornare nel proprio Paese, stimando degne d’amore e di dedizione anche condizioni piuttosto difficili”. “Sappiamo che l’incertezza, la violenza, la povertà e molte altre minacce producono qui, come in altri luoghi del mondo, un’emorragia di giovani e di famiglie che cercano futuro altrove, pur con grande dolore nel lasciare la propria patria”, ha denunciato il Papa: “Occorre certamente riconoscere che molto di positivo arriva a tutti voi dai Libanesi sparsi nel mondo. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che restare preso i suoi e collaborare giorno per giorno allo sviluppo della civiltà dell’amore e della pace, rimane qualcosa di molto apprezzabile”. “La Chiesa, non è soltanto preoccupata della dignità di coloro che si muovono verso Paesi diversi dal proprio, ma vuole che nessuno sia costretto a partire e che chiunque lo desideri possa in sicurezza ritornare”, ha affermato Leone: “La mobilità umana, rappresenta un’immensa opportunità di incontro e di reciproco arricchimento, ma non cancella lo speciale legame che unisce ciascuno a determinati luoghi, a cui deve la propria identità in modo del tutto peculiare. E la pace cresce sempre in un contesto vitale concreto, fatto di legami geografici, storici e spirituali. Occorre incoraggiare coloro che li favoriscono e se ne nutrono, e non cedono a localismi e nazionalismi”.