Santuario di Pompei: card. Parolin, “come Maria, Bartolo Longo sentì l’urgenza di ‘correre’ verso gli altri, per annunciare che il Signore è vicino”

(Foto Archivio fotografico santuario di Pompei)

“Venendo qui oggi, nel luogo che l’avvocato Bartolo Longo volle consacrare alla Madonna del Rosario come casa di preghiera e di speranza per tanti, ci sentiamo avvolti da quella stessa tenerezza che Maria offrì alla casa di Elisabetta: una presenza silenziosa, premurosa, colma di fede e di amore. Le nostre giornate, lo sappiamo, scorrono spesso nella fretta. Tutto si misura in termini di rendimento, di efficienza, di utilità. E non possiamo negare che, almeno in parte, ciò possa produrre anche del bene: viviamo in un mondo interconnesso, capace di comunicare in un istante da un continente all’altro, di compiere grandi progressi scientifici e tecnici”. Lo ha sottolineato, nella messa presieduta stamattina, il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano e legato pontificio per le celebrazioni di oggi presso il santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, in occasione del 150° anniversario dell’arrivo dell’Icona della Vergine del Rosario.
Eppure, “l’altra faccia di questa frenesia è la distrazione del cuore. Nella corsa quotidiana rischiamo di non accorgerci più delle persone, dei loro bisogni, dei loro dolori. Talvolta la fretta diventa una forma di fuga: si corre per non pensare, per non interrogarsi sul senso profondo della vita. Una società frettolosa, infatti, facilmente sorvola sulle grandi domande sul senso della vita”. Invece, la fretta di Maria, ha osservato il porporato, è “la fretta di chi ama, di chi non può trattenere la gioia ricevuta e desidera trasmetterla agli altri, illuminando il cammino di chi incontra”. È per il canto del Magnificat che “Maria si è affrettata: per dire a Elisabetta che il Signore è presente, che è in lei, e che ci ama”. E “noi cristiani siamo chiamati a imitare questa fretta, ma non quella superficiale di chi corre per sfuggire ai problemi o si lascia travolgere dall’attivismo. È questo il dono più grande che possiamo offrire al mondo: testimoniare l’amore di Dio e condividere la gioia che esso porta”.
San Bartolo Longo, che attraversò una profonda crisi interiore, “era un uomo in ricerca, come tanti del suo tempo e anche del nostro: cercava luce, verità, senso, ma si trovava spesso davanti al vuoto e alla confusione di un mondo che prometteva tutto e non dava nulla. Nel suo cuore, inquieto e assetato di assoluto, si accese però una scintilla nuova quando incontrò Maria, la Madre che lo accolse e lo guidò con la sua tenerezza silenziosa. In lei, Bartolo scoprì la via sicura verso Dio, la pace che il mondo non poteva offrirgli”. E “fu allora che comprese che non poteva tenere per sé quella gioia ritrovata”. Come Maria, “anche Bartolo sentì l’urgenza di ‘correre’ verso gli altri, per annunciare che il Signore è vicino, che ama ogni uomo e che nulla è perduto. Da quella fretta del cuore nacque una straordinaria opera di fede e di carità: la ‘Nuova Pompei’, città della speranza, della preghiera e della misericordia”.

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