“Il settimo Vertice Ua-Ue deve offrire riparazioni per le ingiustizie storiche e lo sfruttamento inflitti al continente africano. Gli europei devono riconoscere le cause profonde dei problemi attuali e che l’eredità del colonialismo e della schiavitù continua a plasmare le lotte delle economie estrattive e le crisi del debito”. Così termina il documento pubblicato oggi da Chiesa cattolica europea e africana insieme. Tra le sfide di un partenariato Europa-Africa che va profondamente rivisto, c’è il tema della produzione alimentare industriale e la fame, malnutrizione e insicurezza alimentare che persistono in Africa “in gran parte a causa della logica e delle priorità di un modello di sviluppo progettato per massimizzare la crescita economica”. Quindi il partenariato Ua-Ue deve virare verso l’agroecologia, un modello collaudato e comprovato per la resilienza climatica nelle comunità rurali. Questa trasformazione, si legge, richiede “coerenza politica e la fine dei doppi standard”, per esempio sui pesticidi vietati in Europa ma ancora prodotti per l’esportazione al di fuori dell’Ue, inclusa l’Africa. Un altro tema affrontato nel documento è quello del debito: “L’attuale crisi del debito è la peggiore della storia e colpisce oltre 40 Paesi africani”, si denuncia, mentre manca una efficace “governance democratica internazionale del debito”, non avendo il Quadro comune per il trattamento del debito del G20 prodotto i risultati attesi, “essendo lento, condizionato dai creditori e inadatto allo scopo”. Da qui l’appello ai leader africani “a non accettare più un debito unilaterale e meccanismi di risanamento del debito che non mirano a liberare le società africane” e ai governi europei “a riconoscere che gran parte del debito accumulato è illegittimo, ingiusto e insostenibile”. Altra sfida cruciale è la necessità di passare “da un consumo eccessivo alla gioiosa sobrietà”, con sforzi seri per affrontare il problema del consumo eccessivo in Europa, il riconoscimento dei limiti ecologici del pianeta e la cura della vita in tutte le sue forme. Altro tema sollevato è la necessità di passare “da strategie di investimento incentrate sull’Ue a uno sviluppo incentrato sulle persone” e critica il Pacchetto di investimenti Africa-Europa del Global Gateway, perché “è rimasto in gran parte guidato dall’Ue, con priorità definite a Bruxelles e progetti che riflettono gli interessi strategici dell’Europa”, anziché l’agenda di sviluppo dell’Africa. In definitiva, le cinque sfide del documento racchiudono gli “elementi chiave per affrontare le cause profonde della povertà e della disuguaglianza in Africa” perché fanno parte di un “processo di risoluzione delle ingiustizie storiche”. Né gli aiuti né gli investimenti sono sufficienti.