“Spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita”. È l’invito del Papa nell’omelia della messa dell’Epifania, presieduta nella basilica di San Pietro. La stella dei Magi, ha spiegato, “è luminosa, è visibile a tutti, e indica un cammino”. “Molti sovrani, al tempo di Gesù, si facevano chiamare ‘stelle’, perché si sentivano importanti, potenti e famosi”, ha ricordato Francesco: “Non è stata però la loro luce – quella di nessuno di loro – a svelare ai Magi il miracolo del Natale. Il loro splendore, artificiale e freddo, frutto di calcoli e di giochi di potere, non è stato in grado di rispondere al bisogno di novità e di speranza di queste persone in ricerca. Lo ha fatto invece un altro tipo di luce, simboleggiata dalla stella, che illumina e scalda bruciando e lasciandosi consumare”. “La stella ci parla della sola luce che può indicare a tutti la via della salvezza e della felicità: quella dell’amore”, ha affermato il Papa: “Quella è l’unica luce che ci farà felici. Prima di tutto l’amore di Dio, che facendosi uomo si è donato a noi sacrificando la sua vita. Poi, di riflesso, quello con cui anche noi siamo chiamati a spenderci gli uni per gli altri, divenendo, col suo aiuto, segno reciproco di speranza, anche nelle notti oscure della vita”. “Noi siamo luminosi nella speranza? Siamo capaci di dare speranza agli altri con la luce della nostra fede?”, ha chiesto a braccio. “Come la stella, col suo brillare, ha guidato i Magi a Betlemme, così anche noi, col nostro amore, possiamo portare a Gesù le persone che incontriamo, facendo loro conoscere, nel Figlio di Dio fatto uomo, la bellezza del volto del Padre e il suo modo di amare, fatto di vicinanza, compassione e tenerezza”, ha assicurato Francesco: “E possiamo farlo senza bisogno di strumenti straordinari e di mezzi sofisticati, ma rendendo i nostri cuori luminosi nella fede, rendendo i nostri sguardi generosi nell’accoglienza, rendendo i nostri gesti e le nostre parole fraterni, pieni di gentilezza e di umanità”.