Basta bambini sotto le bombe

Secondo il rapporto Ican pubblicato la scorsa settimana, con il denaro investito per sviluppare e produrre armi atomiche nel 2024 si sarebbe potuto sconfiggere una buona volta e definitivamente la fame nel mondo. E invece i bambini continuano a morire, non solo di fame, ma anche sotto i missili, in modo violento, nei sempre nuovi fronti di guerra aperti nel mondo. Fratelli tutti, diceva inascoltato papa Francesco. Pace, implora con il cuore in mano Papa Leone

(Foto AFP/SIR)

Ci voleva Roberto Benigni a ricordare che uccidere i bambini in guerra è la più grande vigliaccheria e che chi non sente il grido di dolore delle loro madri e, potendolo fare, non ferma immediatamente il conflitto non è neppure da annoverarsi nel genere cosiddetto umano.
Netanyahu ha minacciato prontamente vendetta per le donne e i bambini uccisi in Israele dai missili iraniani. Ma chi renderà giustizia alle migliaia di bambini morti, e non solo “accidentalmente”, nella striscia di Gaza? Il governo di Israele continua a rispondere all’orrore perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023 con una furia vendicativa che neppure nelle pagine più truci e imbarazzanti dell’Antico Testamento possiamo ritrovare. Ai rapporti autorevoli e inequivocabili della Croce Rossa internazionale, si aggiungono le inchieste giornalistiche che hanno messo in luce di recente come i soldati israeliani si servano perfino di cani feroci, addestrati in Europa come micidiali macchine da guerra, per entrare nelle case dei palestinesi e aggredire a morsi i bambini.

Ben oltre il biblico “occhio per occhio, dente per dente” siamo oramai andati, rischiando di trasformare agli occhi del mondo il popolo vittima del peggiore olocausto della storia, in carnefice a sua volta disumano e sanguinario.

Ma come sottolineammo già all’inizio di questa guerra sciagurata, (oramai evidente pretesto per una soluzione finale dell’annosa questione palestinese nata dal pasticcio su cui si costituì nel 1948 il moderno stato di Israele), nessuno dovrebbe cadere nella trappola ideologica e pericolosa di identificare un intero popolo con chi lo governa. Il delirio messianico (ateo e militarista) di Netanyahu non può divenire facile pretesto per esecrabili rigurgiti antisemiti.

Lo testimoniano in primis i cittadini israeliani che non vogliono esserne complici, fosse anche solo per peccato di omissione, e protestano contro il loro governo chiedendo la fine di ogni guerra e violenza. Ma lo testimoniano anche le piazze che in ogni parte del mondo, dagli Stati Uniti all’Iran, si riempiono di gente comune, soprattutto giovani, stanca di morti, guerre, distruzione.

Sempre Roberto Benigni, definendosi patriota entusiasta ed europeista convinto, ha ricordato come all’origine di ogni guerra vi sia, a ben guardare, sempre il cancro del nazionalismo. Quel sentimento collettivo che può irrazionalmente galvanizzare un popolo intero, portandolo a ritenersi superiore agli altri popoli e creando così nemici da sopraffare se non proprio da annientare. E

la sciagurata corsa agli armamenti cui assistiamo negli ultimi tempi è il segno allarmante di quanto il nazionalismo sia vivo e diabolicamente operante.

Israele ha attaccato l’Iran con lo scopo preciso di impedirgli di diventare la decima potenza atomica del mondo. Troppo pericoloso permettere a questa teocrazia islamica di avere la bomba atomica. Eppure non ci sentiamo certo di ringraziare Netanyahu per tale iniziativa. Uno stato potente che si crede onnipotente diviene in realtà solo prepotente. Il disarmo atomico non può avvenire in modo violento e unilaterale.

Secondo il rapporto Ican pubblicato la scorsa settimana, con il denaro investito per sviluppare e produrre armi atomiche nel 2024 si sarebbe potuto sconfiggere una buona volta e definitivamente la fame nel mondo. E invece i bambini continuano a morire, non solo di fame, ma anche sotto i missili, in modo violento, nei sempre nuovi fronti di guerra aperti nel mondo. Fratelli tutti, diceva inascoltato papa Francesco. Pace, implora con il cuore in mano Papa Leone.

Ma se un dipendente pubblico mi si para davanti con una colorata maglietta con la scritta “Prima il nord!” siamo ancora tanto lontani da poter avere le basi su cui poggiare una pace giusta, sicura e duratura. Perché la pace inizia da noi, da me, da te, e anche tu, che ti piaccia o meno, sarai sempre a sud di qualcun altro che potrebbe decidere oggi di valere più di te e di occupare dunque il tuo spazio vitale.

 

(*) direttore de “La Voce dei Berici”

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