
Mentre sabato per le strade di Washington sfilavano carri armati, caccia militari e oltre 6.000 soldati, le piazze, i parchi, le scale delle biblioteche pubbliche sono diventati il podio da cui migliaia di americani hanno letto la Costituzione, schierandosi contro la deriva autoritaria che il presidente Donald Trump vorrebbe imporre al Paese. Chi si attendeva manifestazioni violente e scene di guerriglia urbana, simili alle immagini andate in onda no stop da Los Angeles, è rimasto ampiamente deluso. Proprio nella città californiana, al centro di una settimana di proteste contro le misure decise da Trump sul fronte immigrazione e dopo l’invio, non richiesto, della Guardia nazionale e dei marines, oltre 20.000 persone hanno affollato il centro cittadino con performance artistiche e cartelli dove troneggiava la scritta “Fuori l’ICE da LA”, facendo riferimento agli agenti del servizio di immigrazione che avevano arrestato immigrati residenti legalmente nel Paese e senza una giusta causa.
Una risposta civile e spirituale. A New York, oltre 25.000 manifestanti, sotto gli occhi vigili della polizia, hanno marciato sotto la pioggia lungo la Fifth Avenue, da Bryant Park fino a Madison Square Park, sollevando cartelli umidi con scritto “Nessun Re” o “Potere al Popolo”. Il corteo pacifico si è fermato sulle scale della Biblioteca centrale per leggere i sette articoli e i 27 emendamenti della Costituzione americana. Lo stesso è accaduto a Brooklyn e negli altri quartieri della Grande Mela, a prova di una comunità viva. Padre Philip Kelly, parroco della chiesa di San Francesco di Sales, ha partecipato alla manifestazione per mostrare solidarietà ai manifestanti, ma anche per provare che “la crisi spirituale che sta attraversando il Paese, in attesa di quello che saremo”, ha una risposta nell’oggi e “nella capacità di umanizzare tutti, da chi ci serve al ristorante, al nostro fratello di comunità, al politico del partito opposto, perché ognuno è prezioso per l’America di oggi e non per quella immaginaria del nostro presidente”.
Il parroco di Saint Francis Xavier ha incoraggiato i suoi fedeli “a non restare inerti mentre lo stato di diritto viene messo in discussione” e ha ricordato che, insieme alla ricerca dell’unità nella Chiesa, serve “impegnarci e pregare per l’unità civile nel nostro Paese e nel mondo”.
Religione, democrazia e diritti. A Filadelfia, la città della democrazia americana, un’appassionata protesta, durata ore, soprannominata “Giornata nazionale di sfida No Kings”, ha riempito le strade intorno al Philadelphia Museum of Art, sventolando cartelli contro la criminalizzazione dell’immigrazione. Molti leader religiosi hanno preso la parola invitando a scegliere la pace e l’amore, e molti cristiani sono scesi in piazza perché non volevano che le loro manifestazioni pacifiche fossero dipinte come violente, sulla scia di quanto accaduto a Los Angeles. Il rev. Paul Brandeis Raushenbush, ministro battista a capo dell’Interfaith Alliance, un’organizzazione no-profit, ha ribadito a Religion News Service che “la religione prospera nella democrazia, non in una dittatura, non in un’autocrazia” e che oggi anche i gruppi più progressisti riconoscono
“il potere della religione, non solo il potere morale, ma anche la visione che la religione porta con sé”, quando non piega il suo ginocchio di fronte al potere.
Ad Harlem invece non c’è stata protesta, ma una colorata sfilata dei musulmani afroamericani che celebrano Juneteenth, anticipando la festa nazionale che il 19 giugno ricorda l’emancipazione degli schiavi negli Stati Uniti. L’imam Pasha della moschea dedicata a Malcolm X ha voluto fare vari richiami alle Scritture per invitare tutti a seguire “l’acqua della fede”, quella che ha permesso a uomini come Martin Luther King “di camminare senza violenza per restituire dignità a chi era ultimo”, come i tanti rider latinoamericani che hanno salutato la sfilata, orgogliosi che anche gli afroamericani non li avessero dimenticati.