Giubileo nel mondo. Pime: Daniele e Piero a Detroit, in missione tra le contraddizioni degli Usa

Padre Criscione e padre Masolo sono impegnati in una terra “che non risponde ai criteri tradizionali di un Paese del Sud del mondo, ma è una missione a tutti gli effetti”. Un’altra cultura in cui immergersi un passo alla volta. La sfida? “Portare speranza condividendo la propria fede in questo Dio che è all’opera, anche laddove sembra non ci sia”

Padre Daniele Criscione e padre Piero Masolo (Foto Popoli e Missione)

È al plurale il motto del Giubileo 2025, perché i “pellegrini di speranza” camminano insieme, fanno strada uno accanto all’altro. Sono espressione di un’umanità e di una Chiesa aperte a fare comunità, a sperimentare la “koinonia”. Sono il volto dei cristiani a cui Gesù si rivolge ancora oggi: “Da come vi amerete riconosceranno che siete miei discepoli” (Gv 13, 35). I testimoni credibili della gioia del Risorto e dell’amore vicendevole, sulla scia delle prime comunità descritte negli Atti degli Apostoli, che godevano il favore e la simpatia di tutto il popolo. Nella comunità del Pime di Detroit, nel Michigan, padre Daniele Criscione e padre Piero Masolo sono lo specchio di queste riflessioni perché in parte la loro amicizia è il valore aggiunto della loro missione.

Padre Criscione in un recente viaggio in Camerun (Foto Popoli e Missione)

“Si vede che vi volete bene”. “Siamo molto diversi l’uno dall’altro, con prospettive e approcci differenti, ma la gente ci guarda e ci dice: ‘Però, si vede che vi volete bene’. In fondo, è ciò che sognano tutti: una relazione che ti permetta di essere te stesso e di condividere un progetto”. È il commento di padre Daniele Criscione, originario di Ragusa, 45 anni, arrivato negli Usa otto anni fa, a cui fa seguito padre Piero, milanese, 47 anni, che lo ha raggiunto ad ottobre 2024, dopo essere stato per sette anni in Algeria e uno in Myanmar. “Quando la comunità è di supporto è un regalo enorme, anche perché c’è una grande differenza tra volersi bene come fratelli e limitarsi ad essere dei confratelli”; e fa riferimento alla recente Assemblea del Pime negli Stati Uniti, alle varie sfide culturali e generazionali che si intrecciano e al clima sereno che si respira.

Padre Masolo al bar aperto dalle Felician Sisters per i poveri di Detroit (Foto Popoli e Missione)

Fuori dagli stereotipi. Hanno mansioni diverse, ma entrambi, a prescindere dalla data di arrivo, sono quotidianamente in ascolto di una terra “che non risponde ai criteri tradizionali di un Paese del Sud del mondo, ma è una missione a tutti gli effetti, nel senso che c’è un’altra cultura e bisogna entrarci pian piano”. È quello che sta cercando di fare padre Piero Masolo fin dall’inizio, perché “l’America è molto più rispetto alle idee che si hanno su questo continente ed essere pellegrini di speranza qui significa anche fare piazza pulita degli stereotipi e darsi il tempo di capire le persone che abbiamo davanti”. Padre Daniele osserva: “Più conosco gli Stati Uniti e più mi rendo conto di non conoscerli. È il Paese dalle mille contraddizioni: si va dai poverissimi che vivono per strada ai milionari”. “C’è tuttavia un aspetto di questa cultura che mi piace molto ed è la generosità”. “Con il Covid, ho visto tanta gente perdere il lavoro e continuare lo stesso a fare donazioni alle missioni nelle Filippine e in Bangladesh”. È quella che lui chiama la mentalità del “give to back”: “Hai ricevuto qualcosa e devi restituire, perché riconosci che ciò che hai viene da Dio e non è tuo”. Tanti squarci di luce che padre Piero ha potuto già scorgere, da volontario, in questi primi mesi: dal “VA Hospital di Detroit” dove il personale cura le ferite dei veterani di guerra, al Caffè “Deo Gratias”, aperto qualche anno fa dalle “Felician Sisters” per dare gratuitamente ristoro a chiunque abbia bisogno di cibo o solidarietà.

Sede Pime a Farmington Hills, sobborgo di Detroit (Foto Popoli e Missione)

Vecchie e nuove povertà. Per lui, “essere pellegrini di speranza nell’area metropolitana di Detroit, dove si concentra la maggior parte della popolazione, è questo: semplicemente, dare una testimonianza di vita, regalare un sorriso, ascoltare. Sono cose preziose che fanno bene”. Per altre vie padre Daniele, direttore del Centro missionario di Detroit e spesso in giro per il mondo per seguire i progetti del Pime in 19 Paesi, ha imparato la stessa lezione: “La speranza si nutre dei semplici gesti, del trovare nel piccolo l’immensità, nell’attimo l’eternità, nel dolore la gioia, nella morte la vita”. Quella speranza che, durante il Giubileo, passa anche attraverso la Porta santa della cattedrale e di una dozzina di luoghi dell’arcidiocesi di Detroit, tra chiese, santuari e cimiteri.
“In uno di questi, sono sepolti anche i nostri confratelli del Pime, americani e non, che hanno svolto la loro missione qui”, dice padre Piero, descrivendo la gioia di chi si mette in cammino per vivere l’anno giubilare. D’altronde, come conclude padre Daniele, “in ciascuno di noi, c’è un desiderio profondo di senso; una ricerca che qui, tante volte, trova risposte nella dipendenza dalla droga e dall’alcool, con il rischio di coltivare un vuoto interiore invece di lasciarsi riempire dalla grazia”. Una delle sfide, quindi, è anche questa: “Portare speranza condividendo la propria fede in questo Dio che è all’opera, anche laddove sembra non ci sia”.

*Popoli e Missione

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