da New York) “La Santa Sede è profondamente preoccupata dell’allarmante aumento del numero di conflitti in tutto il mondo e della gravità della loro violenza”. Sono queste le parole con cui il segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin ha aperto il suo discorso di indirizzo alla 79ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si sta tenendo a New York.
Le guerre, le perdite di vite innocenti, la distruzione di luoghi di culto, di istituzioni educative e di strutture mediche, nonché l’impatto sull’ambiente sono le priorità che gravano l’animo di papa Francesco e impegnano la diplomazia vaticana a lavorare sul campo, ma anche a richiamare tutti gli stati al loro impegno a difesa dei diritti umani, ovunque e senza alibi di sorta.
Nei 20 minuti di discorso, colpisce che Parolin non esalta le azioni compiute dalla Santa Sede, come tanti rappresentanti degli Stati hanno fatto nei giorni scorsi, usando il palcoscenico dell’Onu per accreditare, in gran parte, le loro politiche nazionali, occupandosi marginalmente del resto del mondo che sono comunque chiamati ad abitare in pace e nel rispetto del diritto internazionale, con altri popoli e con altri attori politici e non.
Proprio gli attori non statali violenti, classificati in oltre 450 gruppi armati presentano per Parolin “una preoccupazione per la sicurezza su scala globale”, poiché controllano aree in cui risiedono 195 milioni di persone, con 64 milioni completamente soggiogati da questi gruppi. A loro il Vaticano chiede che “rinuncino alla violenza e agli atti di terrorismo ed entrino nella legalità”, mentre agli Stati chiede che indirizzino “le cause sottostanti la formazione di tali gruppi”.
“La pace è possibile solo se la si desidera”, ricorda Parolin, citando papa Francesco e sottolinea che “la ricerca della pace è una responsabilità collettiva” ed “è imperativo andare oltre la retorica e la tendenza ad attribuire colpe” a stati, organizzazioni internazionali, mancanza di riforme per attuarla. Citando papa Francesco ancora, il cardinale ricorda a tutti i presenti che “gravi violazioni del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra e che non è sufficiente segnalarle, ma anche necessario prevenirle”.
Le guerre e le situazioni di ingiustizia occupano gran parte del discorso del segretario di stato che elenca nel dettaglio le ragioni della sofferenza dei popoli, le cause, ma anche possibili soluzioni.
Inizia dall’Ucraina, “dove prevalgono le armi sulla diplomazia” e poi il Medio Oriente. Parolin denuncia con fermezza l’attacco terroristico ad Israele, ma “solleva dubbi sulla proporzionalità della risposta” e condanna gli attacchi alle agenzie umanitarie. Richiama poi i cristiani a far sentire la propria voce nella persistente instabilità libanese, invitandoli a contribuire all’elezione del presidente. Il segretario di stato richiama l’assise dell’Onu a non dimenticare la crisi umanitaria in Siria, la carestia del Darfur settentrionale, il Sudan dove si sommano i conflitti, la fame, i disastri ambientali; e poi il Mozambico e le minacce jihadiste nel Golfo di Guinea. Il cardinale passa poi in Sudamerica invitando ad agire per garantire la stabilità ad Haiti, ma anche a rispettare la libertà religiosa in Nicaragua e i processi democratici in Venezuela. Le popolazioni del Myanmar, di Armenia e Azerbaigian, non sono dimenticate dal Vaticano, come non lo sono le aspirazioni dei Paesi balcanici di aderire all’Unione Europea.
Il segretario di stato propone poi impegni concreti su cui tutti gli stati possono lavorare: una moratoria per le armi letali autonome, guidate dall’Intelligenza artificiale, il condono del debito per i paesi poveri, sottolineando in particolare “il debito ecologico” che i paesi sviluppati hanno nei confronti di quelli in via di sviluppo che in questo momento soffrono le peggiori conseguenze della crisi climatica. Infine parla di “un bisogno impellente di ‘un’ecologia sana’, risultato dell’interazione tra esseri umani e ambiente, come avviene nelle culture indigene”. Diritto alla vita dalla nascita alla fine naturale, migranti, lotta alla tratta degli esseri umani, sostegno alla dignità delle donne, dei disabili, degli anziani sono temi che Parolin sottolinea in più passaggi, invitando a ricordare anche nuove categorie di poveri: i senzatetto.
A conclusione il segretario di stato invita a valorizzare il ruolo e la missione della democrazia, “non è semplicemente una questione di osservanza formale di un insieme di regole”, ma piuttosto, è il risultato “di un’accettazione ponderata e impegnata di valori quali la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti umani e l’impegno per il bene comune. Infine un ammonimento va all’Onu stessa, invitata a recuperare “le radici, lo spirito e i valori” fondativi, attualizzandoli senza trasformarsi in un “club” che ammette “solo stati ritenuti ideologicamente compatibili”, mentre serve accogliere chi non si sente rappresentato evitando “polarizzazioni ideologiche” per continuare a desiderare una pace comune.