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Israele e Hamas. Nili Bar Sinai (Kibbutz Be’eri): “Il futuro dei due popoli passa per le donne e per l’educazione che daranno ai loro figli”

Qual è il ruolo delle donne in un contesto di guerra? A dare la sua testimonianza è una psicologa di 73 anni, sopravvissuta alla strage perpetrata il 7 ottobre scorso da Hamas nel kibbutz di Be'eri, dove suo marito Yoram è stato ucciso

Nili Bar Sinai (Foto Sir)

Palestinesi e israeliane “come le donne giapponesi, americane, tedesche e inglesi dopo la Seconda Guerra mondiale”. “Le donne giapponesi sono cresciute come kamikaze e ora non lo sono più. Ho un’amica in Germania che ha mandato la figlia a studiare in un liceo in Inghilterra. Sarebbe stato possibile pensare una cosa del genere 70 anni fa? Che si potesse mandare una ragazza tedesca in Inghilterra?”.

“Ci sono state due Guerre mondiali ma il tempo è passato. Le persone hanno ripreso a ragionare. Il Giappone e l’America ora sono alleati”.

(Foto AFP/SIR)

Guarda avanti, oltre il 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco terroristico di Hamas ad Israele che è costato la vita a più di 1.200 civili israeliani e il rapimento di 253 ostaggi, 134 dei quali ancora detenuti a Gaza. Nili Bar Sinai, 73 anni, israeliana, abitante sopravvissuta del kibbutz di Be’eri, teatro di una delle stragi più efferate compiute da Hamas in quel giorno, ne è certa e lo dichiara al Sir: “C’è speranza per il futuro a condizione che Hamas venga sconfitta” e che “le donne diano una formazione diversa ai loro figli, educati a convivere e non ad odiare. Abbiamo bisogno di un cambio di politica, diversamente non avremo speranza per il futuro”. Ma ricorda:

“Tutto, però, dipenderà dalle donne, dalle madri, da come cresceranno i loro figli, da come li educheranno, se a uccidere o a convivere”.

A Gaza, a pesare come un macigno, è la presenza di Hamas che, ricorda Nili, “con tutti i soldi che ha ricevuto e riceve dai suoi finanziatori, avrebbe potuto dare ai gazawi il meglio dell’istruzione, una vita migliore invece di costruire tunnel sotterranei e insegnare ai bambini come uccidere. Questo vuole dire avere un destino segnato. Io credo che le madri palestinesi, come tutte, desiderino bambini che vanno a scuola, all’Università, che aiutino l’umanità a crescere e a svilupparsi”.

Kibbutz Be’eri (Foto Sir)

Ricordo di Vivian. Nella settimana in cui si celebra la Giornata internazionale della donna, Nili vuole ricordare una sua amica, Vivian, uccisa il 7 ottobre. Un esempio di convivenza da seguire. “Vivian, insieme ad altre persone del kibbutz, portava i malati di Gaza a curare negli ospedali israeliani, ‘scortava’ i palestinesi della Cisgiordania e di Gaza per impedire ai coloni di fare loro del male. Si occupava di promuovere la collaborazione arabo-israeliana in tutto il mondo. Organizzò anche una conferenza con giovani israeliani e palestinesi, ma dovette farlo in Grecia o a Cipro, non ricordo bene di preciso dove, perché non era possibile farlo in Israele né a Gaza. Prima che Hamas prendesse il potere ci recavamo a Gaza per svolgere insieme delle attività. Quindi penso che le donne debbano resistere. Ci dovrebbe essere un movimento civile anche a Gaza”. Il futuro dei due popoli passa, secondo Nili, per le donne perché, ribadisce,

“sono le donne che crescono i figli insegnando loro a vivere e non a uccidere, a convivere e non a odiare. Io ne sono certa le donne israeliane e palestinesi sono in grado di farlo”.

(Foto ANSA/SIR)

“Lo sono perché credo che ogni madre desideri un futuro migliore per il proprio figlio. E l’unico modo per avere un futuro migliore è imparare ad accettare la realtà e realizzare il cambiamento necessario. È sufficiente adattarsi alla realtà. E la realtà dei fatti è che noi siamo qui e loro sono qui, e dobbiamo condividere ciò che abbiamo. Se loro capiscono questo, lo capiamo anche noi. Le donne nel mondo – conclude – possono aiutarci in questo sforzo. Quindi l’educazione e l’istruzione sono dei mezzi per fermare la guerra, per costruire un futuro migliore” e per “tornare a ragionare come le donne giapponesi, americane, tedesche e inglesi dopo la Seconda Guerra mondiale”.

 

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