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Israele e Hamas. P. Faltas (Custodia): “50 giorni di inferno sulla terra. La pace è il destino dei due popoli”

"Basta odio, basta vendette, questo è il tempo per tornare a parlare di pace, destino dei due popoli": a dirlo è padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa che, in un'intervista al Sir, parla della guerra, del Natale e della sofferenza dei due popoli. Nei giorni scorsi il frate è stato anche a colloquio con il presidente palestinese Abu Mazen e con Papa Francesco

Betlemme, Chiesa Natività deserta (Foto, Fayeza Ayad)

“In Terra Santa esiste un prima del 7 ottobre e un dopo il 7 ottobre, come l’11 settembre per gli Stati Uniti. La gente ha paura di uscire, non c’è nessuno per strada. Aree chiuse per motivi di sicurezza. Persone spaventate”. Padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, descrive così “il clima” in Israele, in Cisgiordania e a Gaza, dopo l’attacco terroristico di Hamas ad Israele. Parlando nei giorni scorsi ai partecipanti della XX Assemblea nazionale ordinaria elettiva della Fisc, a Roma, il frate riferisce anche di Betlemme, città che nelle prossime settimane sarà al centro delle celebrazioni del Natale: “È una città morta, chiusa, vuota, deserta. Entrare ed uscire è difficilissimo. Tantissime persone vogliono scappare. Le famiglie cristiane vogliono portare via i loro figli, perché dicono che lì non hanno futuro. La guerra non è solo a Gaza ma anche in Cisgiordania. Dove vuole andare Hamas? Dove vuole andare Israele? Queste sono le domande che ci poniamo oggi”. A margine della assemblea Fisc, il Sir ha incontrato il vicario della Custodia di Terra Santa.

Padre Faltas con Abu Mazen (Foto I.F.)

Padre Faltas, domenica prossima, 3 dicembre, comincerà il Tempo di Avvento che porta al Natale. Ma che Natale sarà per Gaza e Betlemme?
“Sarà un Natale triste. Siamo circondati da morti, feriti, macerie e sofferenze. A Gaza è stato tutto distrutto. Nessuna delle famiglie cristiane ha più una casa dove stare, sono tutte sfollate all’interno della parrocchia latina, oltre 700 persone e in quella greco-ortodossa di san Porfirio. La stessa cosa in Cisgiordania e a Betlemme, dove si contano, arresti, morti e feriti. Nella città natale di Gesù, oggi chiusa e deserta, non ci saranno feste, in piazza della mangiatoia niente luci e niente albero di Natale. Il 2 dicembre, vigilia della prima Domenica di Avvento, il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton farà, come tradizione, il suo ingresso in città ma ci sono delle difficoltà da superare dovute al momento attuale. Il Natale sarà così concentrato tutto nella Messa di Mezzanotte, celebrato dal patriarca latino, card. Pierbattista Pizzaballa. Nei giorni scorsi sono stato a colloquio con il presidente palestinese Abu Mazen e con Papa Francesco. Aspettiamo il presidente Abu Mazen alla Messa di Mezzanotte a Betlemme. Ha detto che verrà. Una presenza, quella dei presidenti palestinesi, alla Messa di Natale che risale al 1995 con Yasser Arafat.

(Foto AFP/SIR)

Sono passati più 50 giorni dal 7 ottobre e ancora ci si chiede come sia potuto accadere un fatto del genere…
Il 7 ottobre è avvenuto quello che tutti ritenevano impossibile, si è consumato un fatto tragico al quale nessuno riesce a dare una spiegazione: in poche ore sono stati uccisi 1.400 israeliani, 5.000 feriti, un vero e proprio “Sabato nero”. Molti in Israele – e non solo – si chiedono come sia potuto accadere e qualcuno dovrà dare delle risposte. L’auspicio adesso è che la tregua continui anche dopo il rilascio concordato degli ostaggi. Sono certo che Egitto, Usa e Qatar, che hanno mediato per questo accordo, stanno lavorando per una prosecuzione della tregua e per il completo rilascio di tutti gli ostaggi. Nessuno di questi Paesi, Biden in testa, vuole che la guerra continui non solo a Gaza ma in tutta la Terra Santa. Non si può descrivere quello che abbiamo visto in questi 50 e più giorni di guerra, un inferno sulla terra. Sono 35 anni che sono in Terra Santa, ho vissuto la prima e la seconda Intifada, l’assedio alla Natività, ma una cosa del genere non l’avevo mai vista.

(Foto ANSA/SIR)

Dopo quanto accaduto, crede ancora nella pace tra israeliani e palestinesi?
L’unica soluzione è vivere insieme, è il destino di questi due popoli. Credo che questo sia il momento di parlare di negoziato, di pace, perché dopo tante vittime, distruzioni e sofferenze bisogna dire basta, basta guerra, basta sangue, basta vendetta. È giunto il tempo di riprendere in mano la soluzione “Due popoli, due Stati”. Questo è il compito della comunità internazionale. Sono 70 anni che se ne parla ma poi si torna a fare la guerra che pagano sempre gli innocenti. Serve subito una pace giusta, sostenibile e duratura. In Terra Santa sono passati tutti i potenti della Terra, tutti hanno parlato di Due Stati, ma nessuno ha fatto mai nulla. Devono fissare un termine nel quale questo avvenga, una data in cui ci sarà lo Stato palestinese che tutti devono riconoscere. San Giovanni Paolo II diceva sempre che non ci sarà mai pace nel mondo se prima non ci sarà pace a Gerusalemme. Il cuore del mondo è la Terra Santa, il cuore del conflitto è Gerusalemme. Se si troverà una soluzione per la Città Santa avremo la pace. Gerusalemme, come da sempre auspica la Santa Sede, deve essere una città aperta a tutti.

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