Appello del Papa su Nagorno-Karabakh. Patriarca Minassian: “Distruggere i luoghi di culto significa voler cancellare un popolo”

Nuovo appello ieri all’Angelus del Papa per il popolo armeno del Nagorno Karabakh a difesa questa volta dei monasteri e dei luoghi di culto, affinché “possano essere rispettati e tutelati”. Sua Beatitudine Minassian, patriarca di Cilicia degli armeni: “Distruggere le chiese e i monasteri che si trovano in quella regione, significa voler cancellare una storia e quindi distruggere un intero popolo. Ringraziamo il Papa per aver preso questa iniziativa. Il nostro auspicio è che le sue parole possano risvegliare l’Onu e la comunità internazionale affinché agiscano a protezione della storia e della cultura di tutte le Nazioni”

(Foto ANSA/SIR)

“L’appello ieri del Papa non è una sorpresa. Era informato del pericolo che c’è sui monasteri e i luoghi di culto che sono rimaste vuoti, senza nessuno a proteggerle”. Contattato dal Sir, Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli Armeni, a Roma per partecipare al Sinodo, commenta le parole di Francesco che ieri all’Angelus, rivolto “un particolare appello in favore della protezione dei Monasteri e dei luoghi di culto della regione”. “Auspico – ha detto il Papa – che a partire dalle autorità e da tutti gli abitanti possano essere rispettati e tutelati come parte della cultura locale, espressioni di fede e segno di una fraternità che rende capaci di vivere insieme nelle differenze”. Secondo una risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2022, ci sono 1.456 monumenti armeni che dopo il cessate il fuoco del 2020 sono passati sotto il controllo dell’Azerbaijan e che già durante la guerra sono stati danneggiati.

(Foto SIR)

Beatitudine, perché questo appello?
“Nel passato abbiamo vissuto un’esperienza simile. Hanno attaccato i nostri cimiteri, hanno distrutto le croci sulle tombe. C’è quindi il pericolo di una storia antica che può ritenersi. Distruggere le chiese e i monasteri che si trovano in quella in quella regione, significa voler cancellare una storia e quindi distruggere un intero popolo con la sua cultura e le sue radici più profonde. Ringraziamo il Papa per aver preso questa iniziativa. Il nostro auspicio è che le sue parole possano risvegliare l’Onu e la comunità internazionale affinché agiscano a protezione della storia e della cultura di tutte le Nazioni.

Domenica 15 ottobre, il presidente dell’Azerbaijian Ilham Aliyev ha issato la bandiera della sua nazione sulla capitale del Nagorno- Karabakh conosciuta come Khankendi dagli azeri e Stepanakert dagli armeni. Nela cerimonia ha riaffermato il controllo di Baku sulla regione contesa. Che effetto le fanno queste immagini?
Le immagini non le ho viste, sono comunque tutti gesti che si compiono per dire al mondo che hanno vinto. Ma la vittoria di una battaglia non significa la vittoria di una guerra. Gli azeri hanno improvvisamente preso tutto, hanno svuotato tutto il paese. Se c’è ancora un minimo di coscienza nel mondo, bisogna riconoscere questa ingiustizia subita da un popolo che non era armato, non è un esercito. Senza considerare tutti i massacri che hanno compiuto, le uccisioni di bambini, donne e giovani e anziani. Le Nazioni Unite e la comunità internazionale si trovano di fronte ad un bivio, o accettano tutti questi massacri, questi genocidi morali, sociali e fisiche e ammettono però la loro debolezza o si assumono un dovere verso l’umanità e verso il diritto di ogni persona su questa terra di vivere liberamente con i suoi diritti umani. 

Si sono anche viste immagini sulle condizioni difficilissime in Armenia dei migranti forzati dal Nagorno che si trovano purtroppo anche per strada. Lei che notizie ha?
So che si sta cercando di dare una mano a tutti ma non è facile coprire in così breve tempo le necessità di tutte queste famiglie che sono state forzate ad uscire dalla loro terra. Quello che stiamo vedendo sono immagini molto tristi. Tra l’altro anche gli aiuti che si aspettavamo da parte delle organizzazioni, fanno fatica ad arrivare. Purtroppo la guerra è dappertutto: c’è guerra in Ucraina, c’è guerra in Medio Oriente, c’è guerra in Armenia. Sono situazioni pesanti. E anche se avessimo la possibilità di costruire nuovi alloggi, occorrono almeno 6/7 mesi per farlo e l’inverno è vicino e da noi l’inverno è molto rigido. Stiamo facendo tutto il possibile. Io tra l’altro sono anche del parere di non dare la nazionalità per salvaguardare il loro diritto di ritorno nelle loro case.

La scorsa settimana, il parlamento armeno ha aderito alla Corte penale internazionale, il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Lei cosa ne pensa?
È un passo importante che l’Armenia ha deciso di compiere. Si tratta di chiedere giustizia su tutto questo sangue che è stato versato inutilmente su questa terra. 

 Qual è la sua speranza?
La mia speranza è che si trovi veramente una luce di riconciliazione, di rispetto del diritto dell’uomo e di ascolto di chi ha veramente perso tutto, anche il futuro. Ci sono bambini e giovani sono rimasti senza scuola. Ci sono famiglie e anziani che sono stati strappati dalla loro terra. Non è facile riprogettare una nuova vita in queste condizioni. La mia speranza è che la comunità internazionale senta il dovere di intervenire.

 

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