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La Chiesa messicana capofila della rete di dialogo. Obiettivo: costruire un’agenda di pace

Il messaggio è forte e chiaro: in Messico, “è il momento di agire”, e di dare vita a una “Rete nazionale per la pace”. È il solenne impegno preso dai promotori e partecipanti del Dialogo nazionale per la pace, che si è concluso sabato 23 settembre, dopo tre giorni di lavori all’Università Iberoamericana di Puebla, alla presenza di milletrecento delegati. È certamente un fatto nuovo che in Messico si stia facendo strada un movimento corale, rispetto al quale la Chiesa ha assunto un ruolo di guida

(Foto Dicastero Servizio sviluppo umano integrale)

Il messaggio è forte e chiaro: in Messico, “è il momento di agire”, e di dare vita a una “Rete nazionale per la pace”. È il solenne impegno preso dai promotori e partecipanti del Dialogo nazionale per la pace, che si è concluso sabato 23 settembre, dopo tre giorni di lavori all’Università Iberoamericana di Puebla, alla presenza di milletrecento delegati.

Si legge nel documento finale: “Con un profondo amore per il Messico, i vescovi della Conferenza episcopale messicana e tutti coloro che sono stati invitati a questo incontro sono convinti che sia possibile costruire la pace, che si possano superare le dinamiche della violenza e della distruzione del tessuto sociale, sapendo che non esistono soluzioni facili. La pace è uno sforzo congiunto a diversi livelli e con tutti i settori sociali. Implica la somma delle volontà, il coordinamento degli sforzi e la generosità di tutti per superare la paura che ci attanaglia di fronte all’indolenza e all’inefficacia delle autorità, che non si sono occupate del loro compito principale di procurare la pace”.

Gli impegni dell’Agenda di pace. L’iniziativa del Dialogo è stata presa dalla Chiesa messicana attraverso varie articolazioni: la Conferenza episcopale, la Conferenza dei religiosi e religiose, la Compagnia di Gesù, la pastorale dei laici. L’obiettivo era quello onorare i cinque milioni di vittime, e gli oltre 500 mila morti o desaparecidos prodotti dalla violenza dei gruppi criminali messicani, e di elaborare una vera e propria “Agenda di pace”, contenuta, appunto, nell’appello finale. Ventiquattro tra considerazioni, proposte e impegni concreti, presi dai promotori e proposti alle società e alle Istituzioni messicane. Nel prendere atto che l’attuale situazione di violenza nel Paese “si è fatta intollerabile”, i promotori si danno degli obiettivi precisi: “passare da una cultura della violenza a una cultura della cura e della pace; il rispetto della dignità di tutte le persone senza distinzioni; privilegiare l’etica del dialogo, della collaborazione e della ‘cultura dell’incontro’; essere ‘artigiani di pace’; rendere i giovani protagonisti del futuro; cercare di influenzare le politiche pubbliche e i processi legislativi.

Seguono alcuni impegni concreti: “Costruire la Rete nazionale per la pace; partecipare alla leadership e all’impegno inclusivo; promuovere l’articolazione interistituzionale, creando meccanismi di dialogo e collaborazione; promuovere l’attuazione dell’Agenda nazionale per la pace nei diversi settori della società; presentare l’Agenda nazionale per la pace a tutti i candidati alle cariche elettive, siano esse comunali, statali o federali; costruire spazi digitali che ci permettano di incontrarci, collegarci, condividere esperienze e unire le forze”.

Infine, gli inviti “a far parte della Rete; a privilegiare il dialogo; a sradicare l’indifferenza e la violenza, ad adottare i principi della cultura dell’attenzione, del rispetto della dignità di ogni essere umano e dell’etica del dialogo e della collaborazione; ad appropriarsi dell’Agenda nazionale per la pace e a promuovere azioni che ne permettano l’attuazione nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità, nelle istituzioni, nelle imprese, nelle università e in altri ambiti; a cercare legami che favoriscano gli sforzi sostenuti per la costruzione della pace; a pretendere che i Governi svolgano il loro ruolo in modo efficace e trasparente”.

Tutta la società è interpellata. Tra i maggiori promotori di questa iniziativa, preparata per mesi, ci sono i gesuiti messicani. Oltre un anno fa, nel giugno 2022, due loro confratelli, padre Javier Campos e padre Joaquín Mora, oltre a due laici, erano stati trucidati in chiesa a Cerocahui, in mezzo alla Sierra Tarahumara, nello Stato settentrionale di Chihuahua. Il fatto ha suscitato una forte reazione e capacità di mobilitazione nella Compagnia di Gesù, come conferma al Sir padre Jorge Atilano González, coordinatore dei programmi sociali dei gesuiti, che ha avuto un importante ruolo di raccordo nell’evento di Puebla: “Quel fatto doloroso ha suscitato una grande indignazione, i nostri confratelli sono stati assassinati sull’altare. Da lì è partita la proposta di un rinnovato impegno”. Gesuiti, la Conferenza episcopale, la Conferenza dei religiosi hanno iniziato a preparare l’appuntamento di Puebla, e, insieme, a “dissodare il terreno”, con una serie di iniziativa simboliche e di preghiera nelle parrocchie e tra le associazioni. Si è giunti, così, al Dialogo nazionale. “Sono stati giorni molto fruttuosi – prosegue padre Atilano -. Erano presenti esperti, docenti universitari, imprenditori, numerosi attori sociali. Il primo giorno sono state messe a tema le tante situazioni di violenza messe in atto dai gruppi criminali che operano nel Paese; il secondo giorno abbiamo dato spazio ad alcune buone pratiche già esistenti, dando voce anche ad agenti di polizia, a testimoni, a popolazioni che hanno saputo avviare coraggiosi processi di pace e dialogo. Infine, il terzo giorno è stato dedicato alla stesura dell’Agenda. Sono stati presenti quaranta vescovi, c’è stata molta partecipazione”.

È certamente un fatto nuovo che in Messico si stia facendo strada un movimento corale, rispetto al quale la Chiesa ha assunto un ruolo di guida. “Il passo, ora – prosegue il gesuita – è rendersi conto che rispetto alla pace serve una visione integrale, che si deve iniziare dalla famiglia, dalla scuola, che tutti i settori della società sono chiamati a fare la propria parte: certamente la politica, ma anche la Chiesa, gli imprenditori, la polizia, i magistrati, gli uomini di cultura. Serve un’agenda ampia”.

Certo, non manca la consapevolezza che il cammino sarà lungo e difficile, e che la violenza nel Paese è radicata e potente, con forti ramificazioni nei luoghi di potere: “La violenza arriva da tutti i lati, soprattutto in alcune zone del Paese. Per questo, sarà importante calare l’agenda nei contesti statali e locali, parlare con i candidati alle prossime elezioni del 2024, accompagnare a livello locale l’implementazione dell’Agenda e della Rete che stiamo costituendo, istituire tavoli tecnici”

*giornalista de “La vita del popolo”

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