Giappone. Il dopo G7: Hiroshima, i suoi luoghi simbolo, i sopravvissuti all’atomica e i leader del mondo

Keiko Ogura è una "hibakusha" e ha incontrato i "potenti della terra” al Museo della Pace, condividendo con loro la sua tragica esperienza

(Foto: ANSA/SIR)

Tokyo – Calato il sipario sul G7, Hiroshima è tornata alla normalità. I circa 24.000 agenti di polizia mobilitati da tutto il Giappone per garantire la sicurezza del Summit sono rientrati nelle rispettive sedi e cittadini e turisti sono tornati in possesso dei luoghi simbolo della città, chiusi al pubblico in occasione dell’evento internazionale. La mattina del 24 maggio alle ore 8,15, la stessa ora in cui nell’agosto di 78 anni fa venne lanciata la bomba atomica sulla città, 123 fogli di carta pregiata giapponese conservati nell’edificio in pietra sotto il Cenotafio e sui quali sono riportati I nomi, l’età e la data di morte di 333.907 vittime del bombardamento atomico, sono stati portati all’esterno e deposti di fronte al monumento su un telo bianco per essere accuratamente sottoposti al controllo del loro stato di conservazione da parte di 19 scrupolosi funzionari, come avviene ogni anno prima dell’inizio della stagione delle piogge, mentre altri inservienti procedevano alla pulizia della sala dove verranno di nuovo riposti. Il Cenotafio è stato uno dei luoghi visitati dai sette leader del G7 e successivamente dalle altre autorità invitate al Vertice. Tutti hanno reso omaggio alle vittime deponendo corone di fiori davanti al monumento funebre a forma di arco che non contiene spoglie, ma che l’architetto Kenzo Tange ideò nel 1952 per creare una sorta di rifugio e riparo per le anime di tutti coloro che persero la vita a causa dell’olocausto nucleare. L’epitaffio che si trova sotto l’arco recita “Riposino in pace perché l’orrore non si ripeterà”.

Il 21 maggio, ultimo giorno del G7, proprio indicando questa scritta, terminata la visita al Museo della Pace di Narendra Modi, primo ministro dell’India, una delle grandi potenze che detiene armi nucleari, del presidente sudcoreano Yoon, di quello brasiliano Lula da Silva e di altre personalità, il sindaco di Hiroshima Kazumi Matsui si era rivolto loro con queste parole:

“Nutro la speranza che sarete davvero una forza trainante per l’abolizione delle armi nucleari”.

Per dare forza a questo auspicio l’”Heiwa Kinen Koen”, il Parco Memoriale della Pace, dal primo all’ultimo giorno dei lavori, ha accompagnato ed accolto, come un padrone di casa discreto e silenzioso, sia i leader del Gruppo dei sette Paesi più industrializzati sia quelli di altre Nazioni e organizzazioni internazionali ospiti. Il Parco, anch’esso frutto dell’ingegno di Kenzo Tange, fu progettato con l’intento di renderlo “una sorta di officina per la costruzione della pace”. In quest’area di più di 120.000 metri quadri, dove oggi sono presenti 50 monumenti e memoriali ma prima del bombardamento abitata da circa 6.500 persone, sorgeva il centro politico e commerciale della città, vicinissimo al Ponte Aioi, individuato come obiettivo del lancio perché facilmente identificabile dall’alto per la sua caratteristica forma a “T”. La Little Boy americana lo centrò la mattina del 6 agosto 1945 radendo al suolo l’intera zona facendola piombare in un batter d’occhio in un silenzio assordante, lo stesso silenzio che ancora oggi coglie e coinvolge chiunque entri nel Parco.

Hidehiko Yuzaki, governatore della Prefettura di Hiroshima, facendo eco al premier Fumio Kishida che aveva definito di “enorme significato storico” la scelta della città vittima del bombardamento come sede del Summit, in una conferenza stampa antecedente al Vertice ha invitato i leader a non rinunciare all’esperienza della visita al Museo del Memoriale della Pace, per “toccare con mano la devastazione” provocata dalla deflagrazione atomica e per “discutere le questioni internazionali alla luce di questa esperienza”. La mattina del 19 maggio su tutti i media giapponesi rimbalzava la notizia che il vertice G7 di Hiroshima si sarebbe aperto proprio secondo questo appello, con la partecipazione di tutti e 7 i leader sotto la guida speciale dello stesso primo ministro giapponese. Un’apertura niente affatto scontata che fino all’ultimo minuto ha rischiato di saltare, secondo i retroscena riferiti dall’emittente radiotelevisiva nipponica Nhk. La determinazione e l’azione diplomatica avviata già dallo scorso anno dal premier avevano tuttavia reso possibile questo risultato superando resistenze e imbarazzi in particolare di Stati Uniti, Francia e Regno Unito, tuttora detentori di arsenali nucleari.

Nel Museo, situato all’interno del Parco, video, fotografie, testimonianze dei sopravvissuti, lettere e indumenti recuperati tra le macerie o donati dai sopravvissuti tracciano le tappe della storia di Hiroshima e della sua distruzione e raccontano istanti di vita quotidiana brutalmente interrotta quel fatidico 6 agosto alle 8,15, come ricorda implacabilmente ciò che resta di un orologio da polso arso dal fuoco. Il vicedirettore del Museo aveva spiegato così lo spirito della ristrutturazione e riorganizzazione avvenuta nel 2019: “Il nostro obiettivo principale è stato quello di concentrarci maggiormente sui danni causati dal bombardamento atomico alle persone. Usiamo il termine ‘realtà del bombardamento’ – sottolineava il vicedirettore – per significare quale sia stata la devastazione che si è verificata quel giorno ‘sotto’ il fungo nucleare”. Una nuova chiave di lettura che aiuti a mettere in secondo piano nell’immaginario collettivo l’enorme fungo atomico immortalato dalla foto americana scattata dall’alto e che viene alla mente immediatamente quando si parla della bomba di Hiroshima, per sostituirlo con “il punto di vista degli hibakusha” e con “il dolore delle persone” ponendo l’enfasi su ciò che accadeva “sotto” la nube, attraverso foto scattate solo da terra che mostrano quanto videro gli occhi dei sopravvissuti dopo l’esplosione.

Keiko Ogura è la hibakusha, termine giapponese con cui vengono chiamati i sopravvissuti all’atomica, che ha incontrato i “potenti della terra” al Museo della Pace, ha condiviso con loro la sua tragica esperienza. Oggi ottantacinquenne, aveva 8 anni e si trovava a 2,4 chilometri di distanza dall’epicentro quando l’ordigno venne sganciato su Hiroshima.

“Conoscere (cosa è successo, ndr) è il primo passo verso la pace nel mondo – ha detto ai giornalisti Ogura – e io li ho aiutati a compierlo”.

Parlando in particolare del suo incontro al Museo della Pace con il presidente ucraino Zelensky ha raccontato: “È rimasto in silenzio, con un’espressione cupa sul viso, mentre guardava un video che mostrava il momento della esplosione ricostruito da immagini di grafica computerizzata proiettate su una mappa della città. Deve avergli ricordato il suo Paese”. Ha quindi riferito di aver chiesto al presidente ucraino di “trovare il modo di salvare le vite, soprattutto quelle dei bambini”.

Tuttavia, gli hibakusha non hanno giudicato positivamente la presenza di Zelenskyj ad Hiroshima. La sua richiesta di più armi, proprio nella città della pace, e di altro supporto per l’Ucraina, invece della ricerca di una via diplomatica per porre fine al conflitto, “ha messo in ombra – secondo i sopravvissuti – una opportunità unica di spingere i leader mondiali a concentrarsi sull’abolizione del nucleare”. Forte delusione ha suscitato in loro anche il “G7 Leaders’ Hiroshima Vision on Nuclear Disarmament” che, privo di una tabella di marcia concreta per avvicinare il mondo a un futuro senza armi nucleari, “ha invece giustificato il mantenimento della deterrenza nucleare”. Un approccio dal quale Papa Francesco aveva messo in guardia nella lettera inviata al vescovo di Hiroshima, mons. Alexis Mitsuru Shirahama, in occasione del Vertice: “Le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa rappresentano un moltiplicatore di rischio che dà solo un’illusione di pace”.

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