Guerra a Gaza. Raemer (Life on the border with Gaza): “Evacuato il kibbutz di Nirim”

La testimonianza di Adele Raemer, abitante del kibbutz di Nirim, sito nel distretto di Eshkol (Negev occidentale), a poco più di due chilometri dal confine di Gaza e dunque tra i primi obiettivi dei razzi della Jihad. Il kibbutz è stato evacuato e i suoi abitanti sono stati trasferiti a Netanya, 30 km a nord di Tel Aviv.

(Foto ANSA/SIR)

“Il kibbutz è stato evacuato, oltre 150 persone sono andate via, in maggioranza famiglie con bambini. La comunità ora è stata accolta a Netanya. Contro il kibbutz sono stati lanciati tantissimi razzi e ancora continuano. Abbiamo registrato danni alla nostra scuola materna, in altre strutture, ma non abbiamo contezza dei danni provocati.

Adele Raemer (foto Sir)

Tra gli abitanti del Kibbutz regna tanta paura”: così Adele Raemer racconta al Sir gli ultimi sviluppi dello scontro in atto, nella Striscia di Gaza, governata da Hamas, tra la Jihad islamica e l’esercito israeliano. Adele è residente nel kibbutz di Nirim, sito nel distretto di Eshkol (Negev occidentale), a poco più di due chilometri dal confine di Gaza e dunque tra i primi obiettivi nel mirino della Jihad. Il kibbutz venne fondato nel 1946, nella notte di Yom Kippur insieme ad altre 10 comunità ebraiche nel Negev, dai membri del movimento giovanile Hashomer Hatzair. Nel giorno della Dichiarazione di Indipendenza – 14 maggio 1948 – l’esercito egiziano invase il neonato stato di Israele e Nirim fu il primo insediamento israeliano ad essere bombardato dall’artiglieria egiziana che però fu respinta. Secondo funzionari del Consiglio regionale di Eshkol, citati da media israeliani, sono una decina i colpi di mortaio lanciati questa mattina dalla Striscia di Gaza e caduti in aeree non abitate.

“Scudo e freccia”: è il nome dato a questa ennesima campagna militare avviata da Israele per stroncare il lancio di razzi dalla Striscia. Tra i primi a rimanere uccisi, in un raid notturno, è stato uno dei capi della Jihad islamica, Ali Hassan Ghali. Secondo le forze armate di Tel Aviv, ieri dalla Striscia erano partiti verso il sud di Israele 507 razzi. L’esercito israeliano ha invece colpito a Gaza 158 obiettivi, che sarebbero legati a Jihad islamica. Molti di questi razzi lanciati dall’enclave palestinese verso il territorio israeliano, nelle ultime ore, sarebbero caduti in mare o dentro la Striscia. Ed è proprio a causa di razzi difettosi sparati dalla Jihad islamica che sono morti quattro civili palestinesi, fra i quali una bambina di 10 anni. Il portavoce militare israeliano ha riferito che un altro razzo ha provocato due morti nella località di Beit Hanun, nel nord della Striscia. Il ministero della Sanità della Striscia di Gaza, intanto, ha aggiornato a 25 i palestinesi morti in 2 giorni di combattimenti, 80 i feriti. Sono invece 32 le persone curate dal servizio di emergenza Magen David Adom in Israele, 15 sono state curate per ferite riportate durante la corsa ai ripari mentre 17 soffrivano di grave ansia. Adele è uno degli animatori di un gruppo social denominato “Life on the border with Gaza”, aperto nel 2011, per descrivere la vita al confine della Striscia di Gaza sia nei momenti di calma che di guerra. “Dal momento in cui risuona l’allarme aereo (red alert) – spiega – abbiamo solo 15 secondi circa per raggiungere le nostre safe-room (stanze di sicurezza). Diversamente siamo a rischio di essere colpiti. Se l’attacco mi sorprende sotto la doccia sono sfortunato”. E questo accade ogni volta che arrivano razzi da Gaza. “L’intensità dei lanci ci ha spinti ad evacuare il kibbutz e adesso con il resto della comunità di Nirim ci troviamo a Netanya, città nel Distretto Centrale, che si trova a 30 km a nord di Tel Aviv – dice Raemer – Qui stiamo dando assistenza psicologica soprattutto ai bambini terrorizzati da quanto sta avvenendo. Giochi, canti e momenti di svago li aiutano a superare questo momento drammatico, in attesa, non si sa ancora quando, di rientrare”.

Verso un cessate il fuoco mediato dall’Egitto. Nel frattempo qualcosa sembra muoversi. Muhammad al-Hindi, esponente del Comitato politico della Jihad Islamica, ha affermato che la Jihad Islamica accetterà un cessate il fuoco dalla Striscia di Gaza solo se Israele metterà fine agli omicidi mirati dei suoi dirigenti. Dal versante israeliano la risposta è arrivata dal ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, che ha detto che non si opporrà a un cessate il fuoco, mediato dall’Egitto, se la Jihad Islamica smetterà di lanciare razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele. Chi segue “con profonda preoccupazione” gli ultimi sviluppi della sicurezza a Gaza e l’escalation in corso è il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Un portavoce del Palazzo di vetro, Farhan Haq, ha affermato che Guterres “condanna la perdita di vite civili, compresa quella di bambini e donne, che considera inaccettabile e deve cessare immediatamente. Israele deve rispettare i suoi obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale, compreso l’uso proporzionale della forza e l’adozione di tutte le precauzioni possibili per risparmiare i civili nella conduzione delle operazioni militari”. Inoltre, “condanna il lancio indiscriminato di razzi da Gaza verso Israele, che viola il diritto umanitario internazionale e mette a rischio civili sia palestinesi che israeliani”. Il segretario generale “esorta tutte le parti interessate a esercitare la massima moderazione e ad adoperarsi per fermare immediatamente le ostilità”, ribadendo “il suo impegno a sostenere palestinesi e israeliani per risolvere il conflitto sulla base delle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e degli accordi bilaterali”.

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