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Incriminato l’ex presidente Trump. Ma i problemi giudiziari non ne scalfiscono l’appeal politico

"Non possono batterci alle urne, quindi cercano di batterci attraverso la legge", ha detto l'ex presidente Donald Trump dalla sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida,  davanti ad un gruppo di seguaci e davanti alle telecamere, poche ore dopo aver depositato le sue impronte digitali in un tribunale di Manhattan e lasciato un segno indelebile nella storia americana

(Foto ANSA/SIR)

(da New York) Poche ore dopo aver depositato le sue impronte digitali in un tribunale di Manhattan e lasciato un segno indelebile nella storia americana, l’ex presidente Donald Trump dalla sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, ha proclamato, davanti ad un gruppo di seguaci e davanti alle telecamere la contronarrativa alla sua vicenda giudiziaria che lo vede vittima, prima ancora che imputato.

“Non possono batterci alle urne, quindi cercano di batterci attraverso la legge”, ha detto martedì sera Trump, il primo ex presidente americano mai accusato di un crimine. “Siamo una nazione in declino, e ora questi pazzi della sinistra radicale vogliono interferire nelle elezioni usando le forze dell’ordine”, ha proseguito Trump, legando l’accusa di aver pagato il silenzio di una ex pornostar, di una modella della rivista Playboy e di un portiere per salvare la campagna elettorale del 2016, ad una persecuzione giudiziaria.

Parlando per meno di 30 minuti, Trump è stato più sommesso del solito, mentre la lunga giornata trascorsa a New York, prendeva il sopravvento.

L’ex presidente nel primo pomeriggio era entrato da una porta laterale della Corte criminale di Manhattan e ascoltato i 34 capi di incriminazione che lo accusano di aver falsificato documenti aziendali per ingaggiare un faccendiere che lo avrebbe aiutato a mantenere l’elettorato all’oscuro dei presunti affari sentimentali. Trump si è dichiarato non colpevole, mentre veniva ammonito sull’atteggiamento da tenere nei mesi che lo separano dalla prossima udienza di dicembre: segretezza, riguardo nei confronti dei membri della procura, fine delle minacce all’ordine pubblico.

(Foto ANSA/SIR)

Trump non si è fermato a criticare, particolarmente, il caso di New York, rivolgendo invece la sua attenzione a ulteriori incriminazioni che potrebbe dover affrontare a breve. L’ex presidente ha invitato i pubblici ministeri di Atlanta a “lasciare cadere” il caso attorno al suo tentativo di ribaltare le elezioni del 2020 in Georgia. Ha poi condannato un’indagine federale in corso sulla sua gestione di documenti secretati, descrivendo il consigliere speciale Jack Smith – che supervisiona l’indagine sui documenti e le azioni messe in atto a seguito dell’attacco del 6 gennaio al Campidoglio – come un “pazzo”. Infine, Trump ha anche deriso l’indagine dello Stato di New York sulle sue attività.

“Detto tutto questo, e pur con una nuvola molto scura sul nostro amato Paese, non ho dubbi che renderemo di nuovo grande l’America”, ha ribadito Trump, presentandosi come eroe e vittima allo stesso tempo. “L’unico crimine che ho commesso è difendere senza paura la nostra nazione da coloro che cercano di distruggerla”, ha spiegato.
La narrativa di un ex presidente imputato e vittima del sistema giudiziario ha messo in rilievo un paradosso tutto trumpiano e apparentemente inconciliabile: più aumentano i problemi legali di Trump, più i sondaggi lo danno favorito alle primarie del partito repubblicano, dove lo stacco con il governatore repubblicano della Florida, Ron DeSantis (non ancora ufficialmente candidato) continua a restare ampio.

Anche le fortune finanziarie dell’ex presidente stanno beneficiando dell’incriminazione: nei quattro giorni successivi all’annuncio dell’incriminazione la campagna elettorale di Trump ha ricevuto donazioni superiori agli otto milioni di dollari, mentre si avvierà una campagna di marketing con magliette dove è stampata la data 4.4.2023.

All’interno del partito repubblicano non sono pochi quelli che sostengono che le azioni di Trump più che criminali siano politiche e irridono i 135.000 dollari versati all’ex pornostar per il suo silenzio; mentre sostengono che il caso Trump porterà molti più elettori alle urne.

La prossima udienza del processo è stata fissata in dicembre e se gli avvocati difensori hanno chiesto di partecipare online per evitare problemi di sicurezza a New York e spese di protezione, il giudice ha chiarito che aspetta Trump in presenza, anche se alla vigilia delle primarie di partito.

Questa nuova convocazione sarà motivo di un altro rally a suo favore, come quello sponsorizzato stamani davanti alla Corte, dalla deputata Marjorie Taylor Greene, che non ha però raccolto i numeri auspicati. Erano circa 300 i manifestanti pro e contro Trump, mentre centinaia di testate giornalistiche si accalcavano per accaparrarsi un commento o qualche scena tesa tra le due fazioni, divise da semplici transenne, anche se il numero di poliziotti schierati era ragguardevole. Le bandiere per Trump passano dal nostalgico, “Trump 2020”, al futuro “Trump 2024”.

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