I cinesi vogliono la pace. Il messaggio è stato espresso dal presidente cinese Xi Jinping, in visita ufficiale a Mosca, in maniera chiara. Così come altrettanto in maniera chiara è stato recepito dal presidente russo Vladimir Putin. Guai però a pensare che i cinesi vogliano semplicemente indossare i panni delle colombe: gli interessi economici e di influenza politica sono i principali propulsori della missione di Xi al Cremlino. Non è un caso, infatti, che Washington abbia mostrato un palese disappunto verso la mossa cinese. Al Sir parla Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation.
Direttore, come legge l’incontro al Cremlino?
I cinesi hanno rinsaldato i rapporti con i russi. Quello che diceva Kissinger, ovvero di non spingere la Russia nelle braccia della Cina, si è puntualmente avverato. Non definirei – come hanno fatto già in molti – Putin il “vassallo” della Cina. Nell’incontro i cinesi hanno detto chiaramente che la guerra deve finire, i russi hanno risposto che vedranno quello che potranno fare. Questa è l’essenza. I cinesi non lasceranno a piedi Putin, ma non hanno nemmeno detto che entreranno in guerra al loro fianco.
Il comunicato finale parla di un’alleanza strategica che si rafforza e nelle ultime frasi si concentra sulla guerra, ricordando il piano in 12 punti promosso dalla Repubblica popolare lo scorso mese.
I cinesi agiscono su più fronti: una comunicazione è indirizzata all’interno, una per i russi e una per gli americani molto dura. I 12 punti posti da Xi a Putin sono i parametri fondamentali per uscire dalla situazione. Quando parla di integrità territoriale, parla a ragion veduta poiché ha in mente tutte le questioni interne che riguardano la Cina, dal Tibet a Taiwan.
Putin ha recepito il messaggio?
Sì, ha capito bene. Xi aveva finora dei dubbi sull’alleato, l’incontro ha scansato ogni incertezza perché ora Putin sa chi ha il mazzo di carte in mano.
Zelensky attende una telefonata con Xi.
Non è detto che avvenga subito. Anzi, è più probabile che avverrà più tardi perché Xi potrebbe voler sottolineare agli occhi dei russi che non c’è una coincidenza fra Ucraina e Russia. Tuttavia, il presidente ucraino resta aperto ad un dialogo con la Cina, affermando che alcuni elementi del piano di pace sono in linea con il diritto internazionale.
Washington ha criticato l’incontro dicendo che Xi in questo modo ha allontanato la pace. È vero?
Gli americani stanno giocando duro, non facendo sconti a nessuno. Le loro fonti fanno intuire che i cinesi non chiameranno subito Zelensky. Ciò che l’amministrazione Biden vede è che i cinesi stanno facendo una moral suasion su Putin e, nel frattempo, a Zelensky manda segnali per dire che la guerra è ai tempi supplementari. Gli ucraini, dietro le quinte, sembra sappiano bene che tutto non si potrà avere.
Si delinea una pace a metà?
Sarebbe una pace per guadagnare tempo.
Tempo per fare cosa?
Per ricostruire il Paese, ripopolarlo, rafforzare un’economia fragilissima e riarmarsi. È la risposta che hanno dato negli anni ’30 gli inglesi con l’”appeasement” (l’atteggiamento accomodante avuto da Londra ed altre grandi democrazie verso Mussolini e Hitler, ndr), bollato sbrigativamente, ma che, a conti fatti, servì a vincere la battaglia di Inghilterra. Bisogna però tener conto del quadro globale, Zelensky o l’Ucraina sono importanti, ma sono legati all’ancor più cruciale tema del futuro della globalizzazione. La vera partita degli americani è la riduzione della dipendenza dalla manifattura cinese. Se dovranno smontare quasi tutta la globalizzazione, possono tentarlo e potrebbero volerlo. Gli europei saranno costretti a rincorrere una politica dei sussidi stataliste e non di libero mercato, mentre pagano già ora cinque volte il prezzo dell’energia. L’Unione europea rischia di trovarsi tra l’incudine e il martello, spesso per proprie scelte non sempre ponderate, mentre Washington non desidera per ovvi motivi una mediazione cinese.
Londra ha ammesso che manderà a Kiev proiettili a uranio impoverito. Per Mosca, si rischia così l’allargamento del conflitto. Quanto c’è di vero?
Londra ha detto che alcune delle munizioni saranno di tipo perforante all’uranio impoverito. Queste armi sono molto più efficaci di una carica cava. A seconda della distanza, possono esserlo anche il doppio. È chiaro che i russi non vedono bene questa cosa e minacciano un’escalation, ma questi proiettili non sono armi nucleari, punto. La propaganda inoltre sta usando la questione anche sul piano ambientale e della salute per gli effetti provocati dall’uranio impoverito. Tutte cose a suo tempo appurate e ridimensionate dalla commissione Mandelli, istituita dall’allora ministro della Difesa, Sergio Mattarella.
Il mandato di arresto della Corte penale internazionale contro Putin avrà un seguito?
Dal punto di vista giuridico non è una cosa scontata e, da quello politico, la stampa statunitense parla di una misura simbolica. Di certo, la decisione sta creando un precedente per gli Stati Uniti dove è in atto una serrata discussione interna. Il segretario della Difesa degli Stati Uniti, Lloyd J. Austin, non vuole dare le informazioni sui crimini di guerra commessi dai russi in Ucraina per non dare adito al tribunale dell’Aja di perseguire gli americani in altri scenari, seguendo le indicazioni dei suoi esperti legali.