Afghanistan. I canti poetici delle donne afghane e il volo degli aquiloni

Continua il racconto del giovane scrittore afghano, Gholam Najafi, tornato nel suo Paese natale con il sogno di costruire una scuola per i bambini nei pressi di Herat.

Afghanistan, Herat (foto G.Najafi)

Per capire la società afghana bisogna sedersi davanti alle donne e ascoltare tutte le poesie che escono dai loro canti. Sono poesie che vengono dal cuore. Seppure siano analfabete in ogni conversazione dimora poesia. Le poesie vengono tramandate oralmente, molte sono ricche di nostalgia. A volte le donne non si ricordano un’intera riga, allora si aiutano a vicenda: una di loro inizia il verso e l’altra lo finisce. Dietro a queste poesie ci sono lacrime da versare e dolori da sopportare.

Afghanistan, Herat (Foto G. Najafi)

Mentre cammino vedo per strada delle bambine e sono felice, perché possono andare ancora a scuola fino al settimo anno scolastico statale. Uscite dalla scuola giocano con i loro aquiloni. I bambini guardano li osservano volare in alto, giocano per allenarsi con la bava di vento in vista del venerdì. Il venerdì è il giorno in cui non si va a scuola e faranno la gara con gli aquiloni; non hanno ancora per la testa i pensieri delle giovani donne o degli adulti. Le bambine ti prendono per mano e iniziano a raccontare come va la scuola, come va la vita famigliare, come va il piacere della vita, insomma ti raccontano del loro cappello in testa o dei calzini bucati. Le altre ragazze che si sono dovute fermare all’ottavo o al nono anno scolastico, e non hanno soldi per frequentare la scuola privata, stanno per dimenticare i loro vecchi libri e compiti da fare non ne hanno più. Va così per questa generazione sfortunata. Allora vanno a fare altri mestieri per far passare il tempo e congedarsi dalla propria gioventù. È così che il ricamo, un’arte praticata moltissimo qui in Afghanistan, diventa un mestiere per moltissime donne, con cui riescono a dar da mangiare ai loro figli a volte orfani di padre.

Afghanistan, Herat (Foto G. Najafi)

Andando al Bazar la lana non manca mai, i fili sono là come i fili degli aquiloni tra le mani dei bambini. Più ci si allontana da casa per andare in centro città e più i problemi aumentano. Le famiglie sono numerose perciò tutti chiedono da mangiare e per vestirsi. Vestire tutte le bambine e i bambini sul modello di oggi è ancor più difficile, per esaudire le richieste non basterebbe una montagna di abiti.

Oggi ho scoperto i problemi con le banche mentre ero in coda davanti alla Banca Islamica a Herat. In banca puoi trovare sia impiegati vecchi, che altri assunti da poco e saltati fuori da chissà dove, con le loro barbe appese al mento e i turbanti piegati come un fungo. Coloro che controllano la coda sono ancora degli “studenti”, in confronto ai vecchi, e non conoscono ancora bene il sistema bancario occidentalizzato; tuttavia il controllo è nelle loro mani, che Dio mostri loro pietà. Molte persone che tornano in banca dopo tanti mesi trovano i loro conti correnti chiusi. Perché? Perché pensavano che fossero stati uccisi o fuggiti dal paese, in questi casi riabilitare il conto è cosa complicata, e la confusione fra la vecchia e la nuova forma di burocrazia è tanta.

È complicato oggi imparare il Corano e studiare la shari’a assieme alle scienze informatiche o politiche. Ho sempre pensato che non possono funzionare due tipi di modelli culturali diversi tra loro. Tornando la sera a casa, vedo dei pastori seduti sui rami grossi degli alberi spezzare quelli ricchi di foglie e buttarli alle loro capre affamate, che daranno latte e burro, e alle pecore, che daranno la lana e il grasso. Le pecore afghane sono piene di grasso. Mi domando dove sia il contadino che dica due parole ai pastori che spezzano i rami senza chiedere il permesso. E perché spetta al pastore decidere il destino di quei rami? Mentre scrivo sento il mio cuore che vorrebbe dare vita a versi di poesia: mi lascio trascinare dalle onde di un fiume in movimento per arrivare a un oceano fermo, immobile fin dalla sua nascita. Vedo ora uscire le stelle nel cielo mentre i Muezzin iniziano a recitare il Corano nelle moschee sciite e sunnite di Herat. Annunciano l’ora della preghiera.

Afghanistan, Herat (foto G. Najafi)

Finisce la mia passeggiata, le bambine tornano a casa dalle loro mamme. Le bambine e i bambini che vanno a scuola questa sera sono felici perché domani sarà venerdì. Chiedo ogni giovedì sera alla mia anima: domani ci saranno altre vittime? Gli attentatori ci sono, stanno lì in coda pronti a suicidarsi. I loro compagni li chiamano martiri, i loro cervelli sono già lavati e in attesa di andare in paradiso come i fiori dello zafferano che tra poco saranno maturi.

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