Iran: Azadeh Kian, “la protesta delle donne un punto di non ritorno per il mio Paese”

Docente di sociologia all’Università di Parigi, di gran lunga la donna più ascoltata nella diaspora iraniana, Azadeh Kian è venuta a Strasburgo per dare voce al profondo disagio che attraversa il suo Paese e chiede sanzioni da parte dell'Ue. Le ragazze "rigettano il velo in quanto simbolo dell’islam politico". Il regime usa la violenza contro chi scende in piazza chiedendo democrazia e libertà. Dal Parlamento europeo sostegno ai manifestanti

(Foto SIR/Parlamento Ue)

Donne. Vita. Libertà. Con queste tre parole, la presidente Roberta Metsola ha aperto nel pomeriggio di lunedì 3 ottobre la sessione plenaria del Parlamento europeo nel segno delle donne iraniane che in questi giorni lottano per i diritti in oltre ottanta città e università del loro Paese. Tra i 705 europarlamentari riuniti a Strasburgo è scattato un lungo applauso non appena Metsola ha pronunciato il nome di Masha Amini, la 22enne arrestata lo scorso 13 settembre e morta tre giorni dopo per le conseguenze del pestaggio a cui era stata sottoposta dalle forze dell’ordine: la miccia che ha acceso le polveri di una protesta che si sta allargando a macchia d’olio e che avrebbe già provocato oltre 90 vittime in seguito alle rappresaglie del regime.
“Sono le donne che stanno cambiando le regole del gioco – ha sottolineato la terza presidente donna dell’emiciclo –. Il messaggio a tutte le donne che stanno lottando per i propri diritti in Iran è che non sono sole”.
In aula era presente anche Azadeh Kian, docente di sociologia all’Università di Parigi, di gran lunga la donna più ascoltata nella diaspora iraniana.

Professoressa Kian, di che cosa avete parlato con la presidente Metsola nell’incontro che ha preceduto la plenaria del Parlamento?
Ho ragguagliato la presidente Metsola su quanto sta accadendo in Iran e sulla condizione delle donne iraniane, represse dalle forze di polizia, e le ho suggerito di proporre sanzioni nei confronti del regime iraniano per la repressione in atto e per aver isolato il Paese dal resto del mondo bloccando internet. Ho anche chiesto alla presidente il supporto del Parlamento e in generale dell’Unione europea.

Dal suo punto di vista ci sono concrete possibilità che le cancellerie europee introducano sanzioni nei confronti del regime iraniano?
Non sono direttamente in contatto con alcun governo in Europa, ma sono certa che in più Paesi a breve si discuterà di sanzioni con i soggetti responsabili della repressione violenta come obiettivo specifico. Penso che presto ne parleranno i governi tedesco, francese e italiano. Il problema è la loro necessità di petrolio iraniano oggi che le importazioni di quello russo sono azzerate, ma sono certa che i loro principi democratici prevarranno e se l’Europa crede davvero in questi principi non può che sostenere la lotta delle donne iraniane.

In qualità di accademica osserva da molti anni la situazione sociale e politica del suo Paese, che cosa rende queste manifestazioni differenti da tutte le precedenti?
È vero, anche nel dicembre 2017 ci sono state importanti proteste in molte città dell’Iran, ma la specificità di questo momento sta nel fatto che a guidare la lotta per i diritti ci sono le donne che rigettano il velo in quanto simbolo dell’islam politico. Se queste donne avranno successo e sapranno dimostrare alle loro figlie di aver sconfitto l’islam politico con tutte le sue costrizioni, allora il vento del cambiamento non si limiterà all’Iran ma soffierà su tutta la regione.

Prima della tragica morte di Masha Amini c’erano già segnali nella società iraniana che qualcosa del genere potesse accadere?
Le ragioni alla base della protesta attuale sono molto sentite in Iran da anni, non si tratta certo di una novità di oggi. Il popolo iraniano ha creduto nel regime per molti anni, ma oggi in molti dicono no a questo stato di cose, alla repressione e alla corruzione in atto. Chi è al potere rigetta la volontà popolare esclusivamente per mantenere potere e privilegi.

Il leader supremo della Repubblica islamica Khamenei ha detto che si tratta di manifestazioni di piazza orchestrate da Israele e Stati Uniti: qual è la sua opinione in merito?
Non c’è nessuna trama dietro la protesta. È facile agitare lo spettro della macchinazione contro lo Stato da parte di potenze straniere, ma il fatto è che all’origine di tutto oggi c’è la gente che sta rigettando questo regime. Abbiamo visto più volte negli scorsi anni indicare un nemico esterno per mantenere lo status quo all’interno, ma adesso il popolo vuole il cambiamento e chi detiene il potere, se intelligente, deve assecondare questa domanda, altrimenti deve farsi da parte.

Nei giorni scorsi sono stati arrestati anche degli europei e tra di essi il 30 settembre l’italiana Alessia Piperno che in queste ore è riuscita a mettersi in contatto con la sua famiglia a Roma. Che cosa possiamo attenderci?
Più che di detenuti stiamo parlando in tutto e per tutto di ostaggi. Purtroppo oggi non ci sono le condizioni minime di sicurezza per andare in Iran, alcuni Paesi lo hanno vietato ai propri cittadini. Mi auguro che la prigionia della donna italiana finisca al più presto, anche se abbiamo già visto persone trattenute per anni senza motivo. Lo scopo del regime non è altro che quello di mettere i Paesi occidentali sotto pressione per arrivare a uno scambio di questi ostaggi con terroristi iraniani detenuti nelle loro carceri. Non sono un politico o un diplomatico, ma credo che gli stati europei debbano resistere.

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