Hong Kong. P. Milanese: “A 25 anni dal ritorno alla Cina, si parla tanto di economia ma poco di democrazia e diritti”

Il 1° luglio 1997, ad Hong Kong, la bandiera britannica viene ammainata per sempre. Al suo posto vengono issati i vessilli della Repubblica Popolare Cinese e la bandiera di Hong Kong. È l’inizio di un nuovo percorso storico per la città e i suoi abitanti. Nonostante le restrizioni anti-Covid, per le cerimonie di commemorazione, è arrivato ad Hong Kong il presidente cinese Xi Jinping e le sue prime parole sono “prosperità e stabilità a lungo termine”. Ma in questi giorni Hong Kong è una città blindata

(Foto: ANSA/SIR)

Una città blindatissima con misure di sicurezza e di restrizione anti-Covid imponenti. Così Hong Kong celebra il 25° anniversario del ritorno della ex colonia britannica alla Cina. Anche le previsioni del tempo remano contro: è atteso l’arrivo di un tifone che potrebbe rendere lo svolgimento della commemorazione ancor più in tono minore. Intanto, giovedì 30 giugno, il presidente cinese Xi Jinping è arrivato a Hong Kong a bordo del treno super-veloce, insieme alla moglie, entrambi con la mascherina sul volto. La coppia è stata accolta da un gruppo limitato di sostenitori impegnati lungo i binari a sventolare bandiere cinesi e di Hong Kong, scandendo: “Benvenuto, benvenuto”. Nel suo breve discorso trasmesso dai media di Pechino, il presidente Xi Jinping ha detto: “Negli ultimi due anni ci sono state alcune turbolenze, ma il modello è stato riportato a nuova vita ed è quello che può assicurare la prosperità e la stabilità a lungo termine”. È padre Renzo Milanese, missionario del Pime, a raccontare al Sir cosa sta succedendo in città e il clima che si respira in queste ore. “Il gruppo dirigente è pieno di elogi e di atteggiamenti positivi per il grande futuro che attende Hong Kong”, dice subito. “Ma la gente comune guarda a questa commemorazione con una certa indifferenza. Anche perché l’area in cui si svolgeranno le celebrazioni sarà completamente blindata e chiusa dalle forze dell’ordine. C’è quasi una contraddizione: da una parte si desidera che la popolazione viva questa commemorazione ma dall’altra sono state imposte misure di sicurezza incredibili che ne impediscono una reale partecipazione”.

L’area intorno all’Hong Kong Convention and Exhibition Centre a nord di Convention Avenue è stata sigillata tra giovedì 30 giugno e venerdì 1° luglio. Le persone e i veicoli che entrano nell’area saranno sottoposti a controlli di sicurezza, dalla carta di identità agli effetti personali. Sono state già programmate delle deviazioni al traffico e la stazione Mtr del centro espositivo rimane chiusa giovedì e venerdì. C’è addirittura il divieto ai droni di volare in qualsiasi punto della città. Il missionario del Pime non pensa comunque che ci saranno azioni di protesta “eclatanti”: “Al massimo ci potrebbero essere manifestazioni isolate come quando qualche giorno fa sono state imbrattate le bandiere cinesi e di Hong Kong che sono state messe in tutta la città. Siamo ancora sotto le restrizioni da Covid e siamo controllati con le app. Sono aumentate le telecamere un po’ dappertutto. In queste condizioni sarebbe difficile organizzare una protesta perché nel giro di qualche minuto le forze dell’ordine saprebbero cosa potrebbe succedere, chi organizza e dove”. Insomma, “il fuoco è stato spento ma non si sa cosa bolle sotto. La disaffezione serpeggia e il desiderio di partecipare alla vita sociale e politica viene soffocato dagli arresti e dalla chiusura di giornali e associazioni”. Le celebrazioni sono già segnate dalle prime polemiche per l’esclusione dei giornalisti di almeno sette testate, locali e internazionali, che non hanno ricevuto l’accredito per la copertura degli eventi principali. Tra i giornalisti dei media esclusi, ci sono nomi di testate importanti per Hong Kong come il South China Morning Post.

La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, promulgata nel giugno 2020, non aiuta a creare un clima di fiducia in città. La legge – nata per evitare qualsiasi “atto di secessione, sedizione e sovversione” – di fatto ha limitato in questi due anni la libertà di parola. Sebbene il governo abbia ripetutamente affermato che la legislazione ha ripristinato la stabilità della città, ad oggi sono quasi 200 le persone arrestate con l’accusa di mettere in pericolo la sicurezza nazionale. In altre parole – si legge sul sito di Hong Kong free press -, una persona ogni 3,7 giorni è stata arrestata con questa accusa. Alla maggior parte degli arrestati per reati alla sicurezza nazionale non viene concessa la libertà su cauzione. Si tratta per lo più figure di spicco della società civile: avvocati, giornalisti, ex legislatori, studiosi di alto profilo e persino un cardinale. Importanti testate giornalistiche pro-democrazia come Apple Daily o Stand News sono state costrette a chiudere, a seguito dell’arresto dei loro fondatori, caporedattori e membri del consiglio di amministrazione. Da quando è entrata in vigore la legge sulla sicurezza, quasi 60 organizzazioni civili, tra cui sindacati, giornali, partiti politici e fondi umanitari, si sono sciolte.

“Molta gente emigra”, dice il missionario italiano. “Lo fanno soprattutto gli insegnanti perché sono particolarmente sotto pressione. E i genitori che hanno figli in età scolare, primaria e secondaria. Se si può, si cerca una soluzione di vita altrove perché non solo non c’è speranza per il futuro, non si ha una grande fiducia neanche sul presente”. La constatazione di padre Milanese è supportata dalle recenti dichiarazioni del sindaco di Londra Sadiq Khan che ha fatto sapere che dal gennaio dello scorso anno, quando è stato introdotto il visto nazionale britannico (d’Oltremare), circa 35.000 abitanti di Hong Kong si sono stabiliti a Londra. Secondo i dati del governo britannico, circa 123.400 persone avevano richiesto il visto fino alla fine di marzo e al 92% – pari a 113.742 persone – è stato approvato. “La politica – commenta il missionario – non è più un argomento che si affronta tra amici, e addirittura nemmeno in famiglia, a meno che non si sia sicuri del parere dell’interlocutore che deve essere simile al proprio. Ci sono quindi posizioni fortemente contrapposte. L’atmosfera è quella di una tensione latente. Come si prospettano gli anni che verranno? Si parlerà molto e sempre di più di sviluppo economico ma poco di democrazia politica e diritti umani”.

 

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