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Colombia. Lo storico La Bella: “L’ambizione del nuovo presidente non è semplicemente governare, ma cambiare il Paese”

Comunque la si pensi, “è oggettivamente una svolta storica”. Addirittura epocale. Per la Colombia e il suo processo di pace, ma in parte anche per l’America Latina. Gianni La Bella, docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia, “storico” referente della Comunità di Sant’Egidio nel Continente e in particolare per le trattative di pace in Colombia, non ha dubbi sull’importanza della vittoria di Gustavo Petro al ballottaggio per le elezioni presidenziali

(Foto ANSA/SIR)

Comunque la si pensi, “è oggettivamente una svolta storica”. Addirittura epocale. Per la Colombia e il suo processo di pace, ma in parte anche per l’America Latina. Gianni La Bella, docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia, “storico” referente della Comunità di Sant’Egidio nel Continente e in particolare per le trattative di pace in Colombia, non ha dubbi sull’importanza della vittoria di Gustavo Petro al ballottaggio per le elezioni presidenziali. L’esponente del “Pacto Histórico”, al suo terzo tentativo come candidato ufficiale della sinistra, ha davvero riscritto la storia, diventando il primo presidente di “izquierda” in oltre due secoli di storia della Colombia. Ha ottenuto nel ballottaggio il 50,44% dei voti, contro il 47,31% del suo oppositore, il candidato indipendente Rodolfo Hernández, definito anche il “Trump colombiano”; la restante percentuale è quella delle schede bianche, che nella scheda delle elezioni colombiane è una vera e propria opzione. Un margine relativamente netto, circa 700 mila voti, rispetto al sostanziale “pareggio” fotografato da molti sondaggi.

Petro partiva dal 40% di tre settimane fa. Ma l’impressione di molti, suffragata dall’appoggio ufficiale della maggior parte degli sconfitti al primo turno, era che il suo avversario potesse rimontare dall’iniziale 28%, sfruttando le “paure” dell’elettorato. Invece, l’approssimativa preparazione di Hernández, l’incertezza sulla sua proposta e il rifiuto di partecipare a un confronto con l’avversario, che pure gli era stato “imposto”, hanno fatto sì che molti elettori di centrodestra si siano astenuti o abbiano addirittura votato per Petro, che ha aggiunto quasi tre milioni di voti al risultato del primo turno, un risultato inatteso possibile anche grazia all’alta percentuale di votanti (per la media colombiana): il 58%. La giornata si è svolta sostanzialmente in modo pacifico, dopo le polemiche dei giorni scorsi, per l’arresto di numerosi sostenitori di Petro. Hernández ha riconosciuto la vittoria di Petro, telefonando all’avversario. Il nuovo presidente eletto ha ricevuto anche la telefonata del presidente uscente Iván Duque, che ha assicurato un imminente incontro per garantire un ordinato passaggio di poteri.

Periferie e minoranze protagoniste. Entrando nel merito della vittoria di Petro, La Bella spiega al Sir:

“L’ambizione del nuovo presidente non è semplicemente quella di governare, ma di cambiare la Colombia,

invertirne la storia, attraverso una ‘narrazione mistica massimalistica’, frutto di un carattere certamente forte, lo definirei ‘’volitivo’. Naturalmente, questo slancio, può contenere anche degli aspetti più complessi rispetto a quanto si creda, per esempio nelle radicali proposte programmatiche sul superamento del petrolio a vantaggio delle fonti alternative, o sulla depenalizzazione del consumo della cocaina”.

Non vi è dubbio, però, che il “Pacto Histórico”, secondo il docente, “ha unito settori e mondi molto diversi. Magari ci potranno essere dei problemi a livello di governabilità, ma questa spinta ha rappresentato una delle carte vincenti della campagna di Petro. Pensiamo al ruolo del mondo afro, al fatto dirompente che una donna di colore, Francia Márquez, sia diventata vicepresidente, mentre finora due terzi della gente l’avrebbe considerata degna al massimo di fare la colf”. Non a caso, nei dipartimenti periferici, soprattutto a sudovest, il vincitore ha ricevuto un vero e proprio plebiscito.

Probabilmente la vittoria del candidato della sinistra si deve alla mancanza di veri e propri avversari: “Petro può piacere o no, ma è in grado di ‘pilotare la macchina, forse perché gli elettori hanno ritenuto che Hernández fosse impresentabile e che alla fine sarebbe stato un pericolo per la Colombia rischiando di farla regredire. A ciò si deve aggiungere poi la fine dell’uribismo (cioè la visione politica dell’ex presidente Álvaro Uribe, rappresentata oggi dal presidente uscente e non ricandidato Iván Duque, ndr) e dei partiti tradizionali, a partire dalla secolare alternanza tra conservatori e liberali. Il risultato ha anche una valenza continentale, perché avviene dopo la vittoria di Boric in Cile e prima del probabile ritorno di Lula in Brasile. Una triade che può rappresentare una chance per una nuova sinistra nel Continente”. Non sono mancate, nelle ultime settimane, critiche sul possibile legame del nuovo presidente con il Venezuela di Maduro, ma La Bella taglia corto: “Petro ha capito benissimo dove sta e non rappresenta un timore, in particolare per gli Stati Uniti, e questo è emerso durante la campagna elettorale.

Il cammino di pace e il “protagonismo” della Chiesa. Su una questione, soprattutto, il docente insiste: “Questa presidenza è un’opportunità per applicare l’accordo di pace, per proseguire in questo cammino, per far uscire la società colombiana da una polarizzazione assurda che si è giocata nel nome della pace. Bisogna trovare strade nuove, bisogna dare un futuro agli ex guerriglieri, applicare la parte di accordo dedicata alla redistribuzione delle terre, un aspetto finora completamente fallito. Insomma, bisogna riprendere gli accordi e andare avanti”.

Un tema, quello della pace e della riconciliazione, perseguito con forza dalla Chiesa colombiana così come quello dell’attenzione alle periferie del Paese: “La Chiesa – commenta La Bella – è rimasta nei limiti che le sono consoni, non si è schierata. Non dimentichiamo, però, che nei mesi scorsi Petro è stato ricevuto in Vaticano, al di fuori dei protocolli. Ed è è fuor di dubbio che da parte dell’episcopato ci sia stato un maggior protagonismo sociale, che in qualche modo si è posto in sintonia con l’attuale fase che vive la società”

L’arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis José Rueda Aparicio, in un video diffuso dopo il risultato definitivo, afferma che bisogna riconoscere che “abbiamo fatto uno sforzo democratico, dimostrando responsabilità, maturità e amore per la Colombia. Certamente, ci sono molte cose da correggere, abbiamo appreso in questa campagna elettorale cose che non si devono ripetere. Ma è importante che guardiamo al futuro, al presente e al futuro della Colombia. Continuiamo a lottare e a lavorare per la vita, la pace e lo sviluppo umano integrale”.

E aggiunge: “Al presidente eletto della Colombia, Gustavo Petro, e alla sua vicepresidente, Francia Márquez, auguriamo, come tutti i colombiani e come Chiesa, il successo nella guida di questo Paese, che abbiano da Dio la saggezza” per guidare la Colombia. “Come Chiesa – conclude l’arcivescovo, primate del Paese -, siamo disposti a continuare, a lavorare e a lottare per la pace, la riconciliazione e la fraternità di tutti i colombiani”.

*giornalista de “La vita del popolo”

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