Giappone: discriminazioni e boicottaggi verso la comunità russa. Ma in realtà molti di loro si oppongono alle scelte di Mosca

La comunità russa in Giappone è composta da più di 9.000 persone, per lo più ben integrate nella società giapponese, ma dall'invasione dell’Ucraina hanno iniziato a subire sempre più frequentemente atti intimidatori. Dopo il 24 febbraio i mass-media ne hanno segnalati molti, la maggior parte perpetrati via social ma non solo. Gli episodi di bullismo contro russi che vivono in Giappone si sono manifestati in diverse forme e in vari ambiti

(Foto ANSA/SIR)

“Chi fa la guerra – diceva Papa Francesco nell’Angelus del 27 febbraio 2022 – dimentica l’umanità, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi e si distanzia dalla gente comune che vuole la pace, gente comune, che è la vera vittima, paga sulla propria pelle la follia della guerra”. È quello che sta accadendo anche alla comunità russa in Giappone composta da più di 9.000 persone, per lo più ben integrate nella società giapponese, ma che dall’invasione dell’Ucraina hanno iniziato a subire sempre più frequentemente atti intimidatori. Dopo il 24 febbraio i mass-media ne hanno segnalati molti, la maggior parte perpetrati via social ma non solo. Gli episodi di “bullismo” contro russi che vivono in Giappone si sono manifestati in diverse forme e in vari ambiti. Ingresso vietato per russi e loro alleati bielorussi in un ryokan, le tipiche strutture ricettive per esperienze di soggiorno in stile giapponese, a Nagahama, nella prefettura di Shiga. Solo grazie all’intervento delle autorità la decisione dei titolari è successivamente rientrata e la informativa discriminatoria rimossa dalla home page. Presi di mira e boicottati anche ristoranti e locali di prodotti russi. Al “Piazza Rossa”, un negozio di specialità russe al centro di Tokyo, per il suo nome, è stata divelta l’insegna. Il proprietario, ucraino, ha spiegato in un tweet: “I miei dipendenti sono ucraini, uzbeki e giapponesi. Cinque di loro sono mamme single che lavorano per mantenere la famiglia. Ma non importa la nostra provenienza perché non c’è alcun legame politico tra la nostra attività e la politica. Lavoriamo per costruire ponti tra Giappone, Ucraina, Russia e altri Paesi”.Anche la lingua russa è stata bersaglio di questi sentimenti russofobi. Alla stazione di Ebisu, al centro di Tokyo, la segnaletica scritta in cirillico è stata coperta da un adesivo con la dicitura in lingua giapponese “in manutenzione”. Mitsuhiro Fukaya, responsabile della filiale della Compagnia JR East Japan Railway, in una conferenza stampa si è pubblicamente scusato: “È stato un atto inopportuno ma non c’era alcuna intenzione di discriminare”. Ha spiegato che a seguito delle forti lamentele di alcuni utenti per l’uso della lingua russa, ritenuto offensivo nella situazione attuale, l’azienda aveva deciso di coprire temporaneamente i cartelli indicatori, “ ma – si è giustificato – avevamo intenzione di riaprire il servizio una volta che la situazione si fosse stabilizzata”. Dopo la dichiarazione la segnaletica in russo è stata ripristinata. Di fronte al crescere di queste forme di razzismo è intervenuto il ministro degli Esteri Yoshimasa Hayashiche, sottolineando la necessità di saper distinguere tra responsabilità dei governi da quella della gente comune, ha richiamato i cittadini giapponesi: “Vi esorto a non emarginare e diffamare le persone solo perché russe”.

In realtà sono molti i sovietici residenti in Giappone che si sono schierati apertamente contro l’invasione militare organizzando o partecipando a manifestazioni di protesta e rilasciando dichiarazioni di condanna delle scelte di Putin. Anche la Conferenza episcopale ortodossa giapponese il 10 marzo ha rilasciato una dichiarazione ufficiale nella quale ribadiva la sua opposizione “a tutti gli atti di violenza e distruzione” ed esprimeva la speranza “di una conclusione più rapida possibile dell’attuale conflitto in Ucraina”. Sollecitava quindi tutti i responsabili del clero e dei laici della Chiesa ortodossa del Giappone a “unirsi ai fedeli, loro fratelli e sorelle, nella preghiera per la realizzazione della fraternità e della pace”.

Portata nella terra del Sol Levante dal missionario ortodosso russo Nikolai alla fine del XIX secolo, la Chiesa ortodossa del Giappone è attualmente autonoma e finanziariamente indipendente, anche se legata a quella russa da cui dipende ad esempio per l’approvazione della nomina del Metropolita locale.

E proprio l’attuale metropolita di tutto il Giappone Daniel Nushiro il 27 marzo ha pubblicato sul suo sito web una petizione rivolta al Patriarca di Mosca Kirill a nome “dei vescovi della Santa Chiesa ortodossa autonoma Giapponese, di tutti i ministri, di tutte le congregazioni e di tutti i fedeli russi e ucraini in Giappone”, esprimendo il dolore per il “conflitto armato e l’orribile spargimento di sangue tra i nostri cari fratelli, russi e ucraini” e invitando il primate russo a “ricordare la Passione del Signore Nostro Gesù sulla Croce”. Ha quindi concluso con un appello: “Chiedo a Sua Santità il Santissimo Patriarca di esercitare al massimo la sua autorità spirituale ed ecclesiale per la riconciliazione e la risoluzione del conflitto tra fratelli il prima possibile e per donare anche a noi, fedeli ortodossi in Giappone, la pace incrollabile dello Spirito e la speranza per il futuro”.

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