Libano al voto. P. Abboud (Caritas): “La vera paura è per il futuro”

Domenica 15 maggio il Libano andrà al voto per eleggere il nuovo Parlamento. Si tratta delle prime elezioni dal movimento di protesta dell'ottobre 2019. Alto il rischio astensione. Il Sir ha raccolto la testimonianza di padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano

(Foto ANSA/SIR)

“Andiamo al voto ma è difficile credere in grandi cambiamenti. La speranza, tuttavia, è che le elezioni diano nuova linfa al Libano gravato da una crisi mai vista. Sarà il popolo a scegliere i propri governanti”. Così padre Michel Abboud, presidente di Caritas Libano, prova a descrivere al Sir lo stato d’animo dei libanesi in vista delle elezioni legislative di domenica 15 maggio. I libanesi andranno al voto per eleggere i nuovi 128 membri della Camera dei deputati in un momento critico per la vita del Paese: due anni fa il governo libanese ha dichiarato il default finanziario, l’inflazione è al 215 % (dato di febbraio), la valuta locale (lira) ha perso più del 90% del suo valore rispetto al dollaro Usa. Secondo l’Onu, l’80% dei libanesi vive sotto la soglia di povertà. Nel Paese, che continua ad ospitare anche 1,5 milioni di profughi siriani, comincia anche a mancare il pane. Questo perché il Libano importa dall’Ucraina, invasa dalla Russia, l’80% della farina. Aumentano i prezzi dei beni di prima necessità. Elettricità e carburante sono razionati. Il tutto mentre si attende ancora di fare luce sull’esplosione del 4 agosto 2020 al porto di Beirut. Sono 103 le liste in lizza, tra queste oltre 30 appartengono all’area del movimento di contestazione del 17 ottobre 2019, “Thaoura” (rivoluzione), che non è riuscita a coagulare tutte le diverse anime presenti al suo interno. Altra novità di questa tornata elettorale è il ritiro dalla scena politica dell’ex primo ministro, il sunnita Saad Hariri, che potrebbe fare il gioco di Hezbollah e dei suoi alleati, legati all’Iran.

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Esito incerto. Per il presidente di Caritas Libano quelle del 15 maggio saranno, per tutti questi motivi, “elezioni dall’esito incerto. L’incognita è rappresentata dal rischio astensione. Dal 2019 – ricorda padre Abboud – assistiamo a proteste di piazza”.

“I libanesi potrebbero adesso non presentarsi alle urne come forma ulteriore di protesta e di malcontento”.

Un rischio ben chiaro alle Autorità di Governo, che hanno lanciato appelli al voto, e anche alla Chiesa cattolica locale. Un primo richiamo al voto è venuto, lo scorso 1° maggio, dal card. Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti. I libanesi, ha spiegato il patriarca, vogliono vivere in “un Libano libero, democratico e neutrale” e per questo devono andare a votare “per dire al mondo quale Libano vogliono” dimostrando “alle potenze globali e regionali che il popolo libanese rifiuta ogni disegno geopolitico volto a espropriare o mettere sotto ipoteca l’indipendenza della nazione libanese”. “Durante la campagna elettorale – conferma padre Abboud – si sono alzate proteste contro il Governo reo di aver condotto il Paese nel baratro. Dietro i partiti in lizza si intravedono Paesi come l’Arabia Saudita, l’Iran, gli Usa, la Russia”. L’appello al voto è stato poi ribadito il 4 maggio anche da tutti i vescovi maroniti, nel comunicato finale della loro assemblea: “Solo una espressione della volontà popolare sottratta a ogni condizionamento e a ogni intimidazione, potrà consentire al Paese di cambiare rotta e prevenire il collasso nazionale”. Criticato anche “l’immobilismo del ceto politico-istituzionale nazionale, che non ha posto mano alle riforme richieste per avviare la cooperazione tra Libano e Fondo monetario internazionale, e così provare a realizzare il piano di ripresa economica richiesto per salvare il Paese dal tracollo economico- finanziario”.

(Foto: ANSA/SIR)

Futuro buio. In attesa del voto, il presidente di Caritas Libano sta incontrando diversi rappresentanti diplomatici in Libano: “Con questi colloqui voglio manifestare la speranza per il futuro del nostro Paese. Speranza che passa anche per il sostegno internazionale”, dice padre Abboud che ha già avuto incontri con esponenti di  Arabia Saudita e Francia. Ai diplomatici presenti qui in Libano il presidente della Caritas chiede “impegno a sostenere il nostro Paese. Non abbiamo paura della guerra, sappiamo bene cosa è, abbiamo visto molte volte la morte qui in Libano.

Oggi la vera paura è per il futuro. Tutto è buio, non sappiamo cosa ci riserva il futuro.

Il Paese si regge in piedi con i soldi della diaspora libanese e delle Organizzazioni non governative che finanziano progetti. Diversamente la gente non saprebbe come andare avanti”. Caritas Libano fa la sua parte con distribuzione di cibo, materiali igienici, kit sanitari, avviando programmi sanitari che prevedono l’ospedalizzazione delle persone più vulnerabili. “Riusciamo a dare aiuto grazie anche a tante donazioni libere che mostrano il volto di un Paese povero ma generoso. Basti dire che lo scorso anno abbiamo raccolto fondi per circa 4 miliardi di lire libanesi. Una cifra enorme per noi – data la povertà della popolazione – e che corrisponde a circa 200mila dollari. È un segnale importante. Ora stiamo coinvolgendo la diaspora libanese. Tante persone vengono da noi perché sanno che Caritas aiuta tutti senza distinzioni. Hanno fiducia nella Chiesa”. Purtroppo un colpo alla speranza dei libanesi è arrivato dal rinvio del viaggio di Papa Francesco nel Paese dei Cedri, fissato il 12 e il 13 giugno. La notizia, data dai media locali, è confermata al Sir da padre Abboud. Alla base della decisione ci sarebbero, secondo i media, “motivi di salute” legati al ginocchio del Pontefice. Nei prossimi giorni, conclude il presidente di Caritas Libano, “dovremmo saperne di più”. Dal Comitato organizzatore della visita è giunta anche la precisazione che “se ci sono delle modifiche, ciò riguarda la data della visita, non la sua cancellazione. Attendiamo un comunicato ufficiale del Vaticano a questo riguardo”.

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