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Yemen. Msf: “Tra le più gravi crisi umanitarie al mondo ma mancano fondi”

Thomas Courbillon, capo missione di Medici senza frontiere in Yemen, descrive al Sir la situazione nello Yemen, uno dei conflitti più dimenticati che dura da 7 anni. Ad inizio aprile è scattata una tregua di due mesi e sono in corso negoziati ma la crisi umanitaria è gravissima. I due terzi della popolazione (20 milioni di persone) dipendono dagli aiuti, 3 milioni sono sfollati interni. Sanità, scuola ed economia in generale sono in condizioni disastrose ma mancano i fondi per i progetti di sviluppo

(foto Medici senza frontiere)

In Yemen da aprile è iniziata una tregua prevista fino a fine maggio. Non cadono più le bombe ma la situazione umanitaria è una delle peggiori al mondo. Si tratta della prima tregua dall’inizio del conflitto nel 2015. L’Arabia Saudita, che guida la coalizione a sostegno dei lealisti, ha annunciato di voler rilasciare decine di miliziani Houthi del movimento “Ansar Allah” (i ribelli sostenuti dall’Iran che ora controllano la capitale Sana’a). I negoziatori internazionali sperano che a fine maggio la tregua sia rinnovata, anche grazie alla ripresa dei colloqui tra Iran e Arabia Saudita. La crisi umanitaria conta però 20 milioni di persone (i due terzi della popolazione) bisognose di aiuti. Su 30 milioni di abitanti ci sono 3 milioni di sfollati interni. Solo chi poteva permetterselo si è rifugiato in altri Paesi della Penisola Arabica, negli Usa o in Norvegia. La maggior parte della popolazione, essendo povera, è dovuta restare. Lo Yemen, insieme a Etiopia (Tigray) e Sud Sudan, rientra tra le tre più gravi crisi umanitarie al mondo, con un aumento dal 2016 del 571% di persone a rischio fame. Con l’aggravante che nel 2022 arriverà solo la metà dei circa 4,3 milioni di dollari necessari per supportare la popolazione. In alcune zone del Paese, come la città di Abs, la malnutrizione è a livello altissimi, soprattutto tra i bambini. A causa dell’embargo di alcune materie prime e dei prezzi e della scarsità del carburante, la popolazione non riesce ad avere cibo a sufficienza. Tanti bambini non vanno a scuola, sia perché molti istituti sono stati distrutti dal conflitto, sia perché devono lavorare per sostenere la famiglia. Molti centri di salute nei territori sono stati costretti a chiudere per mancanza di fondi. Tutti si riversano nei pochi ospedali, a volte è già troppo tardi. In sette anni la guerra in Yemen ha causato la morte di circa 400mila persone secondo l’Onu. E’ questo il panorama descritto al Sir da Thomas Courbillon, capo missione di Medici senza frontiere in Yemen.

A newborn girl suffering from neonatal sepsis at Ad Dahi hospital in Hodeidah  (foto Medici senza frontiere)

L’organizzazione medico-umanitaria è presente in 12 ospedali e 14 centri di salute, con 2.700 operatori, tra cui un centinaio di personale espatriato. Nel Paese lavorano tutte le agenzie Onu, le più grandi Ong e le organizzazioni della penisola arabica legate al mondo islamico.

“E’ ancora troppo presto per vedere i risultati della tregua iniziata con il Ramadan. Certo, non ci sono attacchi e bombardamenti, e questo è un sollievo per i civili, ma la precarietà della vita rimane”, afferma Courbillon: “Per il momento non vediamo un miglioramento tangibile e le prospettive per il 2022 non sono molto rosee.

Quando mancano i fondi la tendenza delle organizzazioni è di concentrarsi maggiormente sulle operazioni di emergenza per salvare vite umane e meno sullo sviluppo, per cui la situazione globale sta peggiorando”.

Dopo le grosse difficoltà dello scorso anno, solo da poco Medici senza frontiere riesce a far entrare nel Paese container di medicine e materiali per la logistica provenienti dai loro magazzini in Francia e Belgio. La riduzione dei fondi ha avuto un forte impatto anche sul settore sanitario. “Abbiamo dovuto cessare il sostegno alla medicina di base per focalizzarci sugli ospedali – racconta -. Oggi molti centri di salute sono chiusi. La popolazione ha più difficoltà nell’accesso alle cure perché non può spostarsi a causa della carenza di benzina e di risorse economiche. Le cure gratis sono molto poche. I pronti soccorsi degli ospedali sono congestionati, i pazienti arrivano in ritardo e con più complicazioni: patologie che potrebbero essere trattate facilmente richiedono più trattamenti e ospedalizzazioni. Ma senza fondi non si possono aumentare né i posti letto, né il personale sanitario”.

Emergency room in Aden hospital. (foto Medici senza frontiere)

Malnutrizione infantile e dipendenza da aiuti umanitari. A pagare il prezzo più alto, come in ogni conflitto, sono sempre i civili e le categorie più fragili: donne, bambini e persone anziane. “All’ospedale di Abs che sosteniamo da anni – dice – constatiamo grossi problemi di malnutrizione infantile, perché le famiglie hanno difficoltà a reperire cibo. Inoltre c’è una abitudine culturale delle mamme a non allattare e usare invece latte in polvere, che provoca nei figli diarrea e disidratazione. Anche il disagio mentale tra i bambini è diffuso”. Ad Abs gran parte della popolazione, soprattutto gli sfollati, dipende dalle organizzazioni umanitarie per i beni di prima necessità. Hanno bisogno di protezione, assistenza, rifugi, nutrizione, supporto psicologico, aiuti sanitari. 

Saalima holding her newborn baby girl Zamzam in the post-operative ward of the Al-Qanawis mother and child hospital supported by MSF in Hodeidah, Yemen. . (foto Medici senza frontiere)

I bambini non vanno a scuola. Anche l’educazione, prosegue Courbillon, “oggi non è più al centro delle priorità. Tantissimi bambini non vanno a scuola per i problemi di trasporto e per la disoccupazione. I docenti non sono pagati per la mancanza di fondi, quindi cercano altri lavori”.

Timide speranze dalla tregua. Anche se Medici senza frontiere concentra la sua attenzione sui pazienti e non si occupa mai della situazione politica, Courbillon concorda sul fatto che il rispetto della tregua sia

“un segnale di apertura da seguire molto attentamente.

Vuol dire che le parti si parlano e sono in contatto. Vediamo cosa accadrà le prossime settimane e mesi – osserva -. A livello politico c’è un po’ di stanchezza da tutte le parti, potrebbe esserci la volontà di negoziare qualcosa, con il ruolo dell’Onu come mediatore. Certo, è un conflitto complesso con tanti attori, non sappiamo come può evolvere”.

MSF Hospital in Mocha -(foto Medici senza frontiere)

Un conflitto dimenticato in Occidente. La situazione economica del Paese è comunque disastrosa. In tutto lo Yemen ci sono inoltre siti archeologici bellissimi e una cultura molto ricca. Sana’a, famosa per le case-grattacielo di fango, è una città meravigliosa ma anche il turismo è stato azzerato dalla guerra. Nel mondo occidentale non si parla di questo “conflitto dimenticato” forse perché “non ci sono risorse importanti per le nostre industrie”, commenta Courbillon, che conclude con un appello: “Prima c’è stata la pandemia da Covid, oggi l’Ucraina. E’ vero che

i conflitti dimenticati ci sono sempre stati ma è importante mantenere una certa attenzione sullo Yemen”.

 

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