Nulla sarà più come prima

Era diventata una delle frasi abusate durante la pandemia ed esprimeva la consapevolezza che l’esperienza del covid ci stava cambiando profondamente, dentro. A livello personale e a livello comunitario. Quello che accadeva a causa di un virus invisibile era di tale portata da condizionare in modo stabile gran parte delle nostre dimensioni di vita. Avevamo pensato che questa potesse essere una delle frasi per ricordare l’epoca “covidica” e invece ce la ritroviamo di incredibile attualità.

(Foto SIR)

Era diventata una delle frasi abusate durante la pandemia ed esprimeva la consapevolezza che l’esperienza del covid ci stava cambiando profondamente, dentro. A livello personale e a livello comunitario. Quello che accadeva a causa di un virus invisibile era di tale portata da condizionare in modo stabile gran parte delle nostre dimensioni di vita. Avevamo pensato che questa potesse essere una delle frasi per ricordare l’epoca “covidica” e invece ce la ritroviamo di incredibile attualità. L’aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina e la terribile guerra che ne è seguita e alla quale stiamo assistendo sgomenti, sta riempiendo questa frase di altri significati. Non sappiamo ancora qual era e qual è il reale obiettivo di Vladimir Putin quando il 24 febbraio scorso ha deciso di attraversare con i carri armati il confine con l’Ucraina, quello che è certo è che a conflitto concluso, nulla sarà come prima. Cosa sarà il dopoguerra dipende certo dagli sviluppi “dell’adesso”, di questo tempo in cui la cosiddetta “pax europea” è andata in frantumi.
Oggi tutti gli scenari, anche i peggiori, sono ancora possibili, e questo, inevitabilmente è destinato a pesare sulla definizione del futuro. Già ora però si possono formulare delle considerazioni su alcuni importanti elementi che si stanno già modificando.
Il primo è senza dubbio l’idea di globalizzazione così come eravamo abituati a pensarla, illusi che fosse destinata a un radioso e inarrestabile avvenire. La crisi sanitaria prima e ora la guerra russo-ucraina hanno buttato per aria falsi miti ed evidenziato come d’ora in avanti gli scambi dovranno essere ripensati. Il vantaggio economico (della serie “vado dove costa meno”) non potrà più essere il principale criterio per gli accordi. Quanto sta accadendo sul fronte energetico è emblematico. Una delle conseguenze sarà (anzi è già) che pagheremo di più a fronte di una minore dipendenza da un solo fornitore. Contemporaneamente ogni paese cercherà di crescere nella produzione in proprio delle diverse forme di energia. Si tratterà di capire se tutto questo significherà anche la riedizione di muri e blocchi commerciali. La globalizzazione era già sviluppata con intrecci spinti dei mercati dei diversi Paesi, a prescindere dal regime politico. Vedremo se e come, quanto accade in Ucraina rimetterà in discussione l’intero sistema.
L’altro fattore che si sta rapidamente modificando è quello militare. L’Europa deve ridurre la propria dipendenza dagli Usa se vuole avere una possibilità di iniziativa autonoma e non semplicemente essere legata a doppio filo a Washington. In tale prospettiva il sistema di difesa europea appare uno dei punti centrali nel progetto di rafforzamento della Ue di cui si discute, strettamente legato alla possibilità dell’Unione di esprimere anche una propria politica estera.
Altro elemento importante è quello del sistema informativo, a tutti gli effetti un’arma aggiuntiva e decisiva e questo in un doppio senso: da un lato gli strumenti (in particolare usati dagli Stati Uniti a sostengo dell’esercito ucraino) che consentono di identificare in tempo reale i movimenti delle forze armate russe, nonché le devastazioni provocate, e dall’altro tutta la macchina dell’informazione che in non poche occasioni, anche nel nostro Paese, diventa propaganda.
L’ultimo elemento che non si può non richiamare è quello relativo al dialogo ecumenico che sta subendo una dura battuta d’arresto sia tra cattolici e ortodossi, che tra le stesse chiese ortodosse. Su questo versante si misurerà il coraggio e la capacità di profezia dei leader religiosi e dunque la disponibilità di andare a traino della politica o invece esprimere una propria autonoma capacità di incidere sulle scelte dei rispettivi Paesi.

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