La comunità cattolica del Giappone si mobilita per la pace: Hiroshima e Nagasaki monito contro la guerra

Cittadini russi, ucraini e giapponesi sono scesi in piazza a Tokyo ed in altre città del Giappone, uniti, per manifestare la loro protesta contro l’invasione della Russia in Ucraina, per difendere la pace e dire no alla guerra. "I cittadini russi non vogliono la guerra", "Pace in Ucraina" e "Putin è il nemico della Russia" sono alcune delle scritte che campeggiavano il 26 febbraio sui cartelli dei manifestanti al grido di  "Stop War and Stop Putin" davanti all’uscita di Shinjuku, una importante stazione del centro di Tokyo

(Foto ANSA/SIR)

Era esattamente il 25 febbraio del 1981, 41 anni fa, quando Papa San Giovanni Paolo II al “Peace Memorial” di Hiroshima, in occasione della visita pastorale, lanciava un appello per la pace. Lo ricorda il Consiglio della giustizia e della pace della Chiesa cattolica giapponese nella recente dichiarazione “Fermate l’invasione militare russa in Ucraina!”. Il testo cita un passaggio del discorso dell’allora Pontefice: “Di fronte alla calamità creata dall’uomo che è ogni guerra, dobbiamo affermare e riaffermare, ancora e ancora che il ricorso alla guerra non è inevitabile o insostituibile. L’umanità non è destinata all’autodistruzione. Le divergenze di ideologie, aspirazioni ed esigenze possono e devono essere appianate e risolte con mezzi che non siano la guerra e la violenza”.

Il documento del Consiglio prosegue riaffermando la decisa opposizione della comunità cattolica nipponica a qualsiasi uso della forza e si conclude con un accorato richiamo: “Chiediamo a tutti i cittadini del mondo di contribuire a fermare al più presto l’escalation della guerra tra Russia e Ucraina e di ridurre al minimo i danni. Alziamo la voce per fermare la guerra ora”.

Infine una parola rivolta ai politici: “Ci appelliamo anche e soprattutto a voi governanti di tutto il mondo: Abbandonate l’idea di scoraggiare la guerra attraverso alleanze militari e fate ogni sforzo per costruire la Pace attraverso il dialogo”.

Un invito che esprime i sentimenti condivisi dalla maggioranza dell’opinione pubblica del Sol Levante. Cittadini russi, ucraini e giapponesi sono infatti scesi in piazza a Tokyo ed in altre città del Giappone, uniti, per manifestare la loro protesta contro l’invasione della Russia in Ucraina, per difendere la pace e dire no alla guerra.

“I cittadini russi non vogliono la guerra”, “Pace in Ucraina” e “Putin è il nemico della Russia” sono alcune delle scritte che campeggiavano il 26 febbraio sui cartelli dei manifestanti al grido di “Stop War and Stop Putin” davanti all’ uscita di Shinjuku, una importante stazione del centro di Tokyo. “Un’ondata di manifestazioni sono state organizzate da cittadini russi in tutto il mondo – ha dichiarato un ventisettenne moscovita ai giornalisti – e vogliono mostrare che anche i russi che vivono in Giappone sono contrari alla guerra”.

A Hiroshima e Nagasaki, città simbolo dell’orrore dei conflitti armati, giovani giapponesi appartenenti a movimenti pacifisti hanno organizzato a loro volta iniziative di protesta. “Sono addolorata al pensiero che molti civili, compresi i bambini, finiranno per cadere vittime della guerra”, ha dichiara al quotidiano Asahi Shinbun una giovane madre giapponese che ha preso parte con le sue due figlie ad una manifestazione tenutasi a Hiroshima.

Forte si è alzata anche l’autorevole voce degli Hibakusha, i sopravvissuti al bombardamento atomico del 1945, che hanno espresso la loro indignazione per la minaccia atomica e soprattutto per il richiamo del presidente Vladimir Putin sulle capacità nucleari della sua nazione, per ricordare al mondo che la Russia è una grande potenza nucleare.

“Non posso che provare una sensazione di forte preoccupazione per la leggerezza con cui Putin ha fatto questa dichiarazione”, ha dichiarato in un’intervista Hiromu Morishita, hibakusha novantunenne che ha visitato nel 2004 sia l’Ucraina che la Russia per testimoniare agli studenti universitari di quei Paesi le sofferenze provocate dal bombardamento atomico. Hiromu Morishita era a un chilometro e mezzo dall’epicentro quando gli Stati Uniti sganciarono la bomba su Hiroshima quel 6 agosto 1945, provocando migliaia di morti in un solo istante. Lui si salvò miracolosamente ma riportò gravi ustioni al viso e al collo. Morishita ricorda come nella sua visita a Mosca uno studente russo rimasto inorridito dalla sua testimonianza sulle conseguenze del bombardamento, commentò con queste parole: “la gente comune, che vive la sua vita quotidiana, diventa inevitabilmente una vittima ogni volta che scoppia un conflitto armato”.

Anche per questo Morishita crede nella forza del dialogo e sente di poter affermare con speranza che “Non c’è differenza tra russi e ucraini, sono entrambi esseri umani, quindi credo che potranno comprendere le rispettive ragioni, purché dialoghino a fondo tra loro”.

Guardando a Hiroshima e Nagasaki ed ai drammi provocati da ogni guerra, torna in mente l’omelia di Papa Benedetto XVI nel giorno di Pentecoste del 2009 nel corso della quale in un ardito raffronto tra Gesù e la figura mitologica di Prometeo, individuava nell’allontanamento da Dio le radici profonde di ogni guerra. “Prometeo – affermava il Papa emerito – richiama un aspetto caratteristico dell’uomo moderno. Impossessatosi delle energie del cosmo, il ‘fuoco’, l’essere umano sembra oggi affermare se stesso come dio e voler trasformare il mondo escludendo, mettendo da parte o addirittura rifiutando il Creatore dell’universo”. Ed aggiungeva: “Nelle mani di un uomo così, il ‘fuoco’ e le sue enormi potenzialità diventano pericolosi: possono ritorcersi contro la vita e l’umanità stessa, come dimostra purtroppo la storia. A perenne monito rimangono le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, dove l’energia atomica, utilizzata per scopi bellici, ha finito per seminare morte in proporzioni inaudite”.

Nel messaggio del 28 febbraio l’arcivescovo di Tokyo mons. Tarcisio Isao Kikuchi, in qualità di nuovo presidente della Conferenza episcopale giapponese, si è rivolto ai fedeli del Giappone invitandoli a rispondere, in comunione con la Chiesa universale, all’appello di Papa Francesco per l’odierna Giornata di digiuno e preghiera, Mercoledì delle Ceneri: “Digiuneremo e pregheremo per la pace in Ucraina”. Nel messaggio l’arcivescovo, invocando la guida di Dio, “Datore di Vita”, sui nostri leader politici, ha voluto sottolineare le parole dette dal Santo Padre al termine dell’Udienza generale del 23 febbraio: “Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno”. Egli è “Dio della pace e non della guerra; è Padre di tutti, non solo di qualcuno e ci vuole fratelli e non nemici”.

La piccola comunità cattolica giapponese che porta ancora vivo nella propria carne il dolore per le vittime del bombardamento atomico, durante il quale persero la vita migliaia di cristiani, non mancherà di certo all’appello.

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